“Coumba Freida” di Massimiliano Gaglio dal 4 al 18 novembre



Nel variegato panorama artistico ogni opportunità appare utile a ciascun autore per comunicare i propri punti di vista.
La fotografia si presta molto a questi scopi, per l’abilità di alcuni fotografi che riescono a confondere il mondo reale attraverso immagini mistiche o allusive.
Capita così di vedere quasi per caso una mostra e di trovare esposte fotografie che costituiscono condensati comunicativi, riuscendo a rendere visibili e a far percepire a pieno concetti complessi non facilmente classificabili.
È quanto succede visitando la mostra di Massimilano Gaglio che “Collettivo F – Anno Zero” ha voluto proporre come appuntamento di chiusura nel suo ciclo espositivo del 2023.
Come accennato nella presentazione dallo stesso autore, il suo carnevale non è per nulla banale, specie per le forti allusioni anche alle maschere di Jung, presentato con una proposta in bianco e nero che risulta ben calzante per meglio veicolare le sue visioni.
Ne deriva una ricerca che viene a raccontare, attraverso una serie di immagini, individui e collettività in maschera, tutti metaforicamente focalizzati in una vallata coperta di neve. 
Gli stessi soggetti mascherati, successivamente colti negli ambienti chiusi, mescolandosi al popolo rivelano la loro promiscuità, vengono a confondersi con altri umani dalle sembianze riconoscibili che appaiono quasi fossero degli alter ego o loro stessi fantasmi che vagano negli ambienti.
Una mostra fotografica che sicuramente tende a spiazzare l’osservatore. Per il semplice fatto che oltre a una mostra fotografica potrebbe essere letta verosimilmente come un trattato di sociologia o psicologia, anche per i tanti elementi d’aspetto psichiatrico che risultano ampiamente visibili.
Questa “Coumba Freida”, a mio parere, potrebbe quindi costituire un emblematico esempio di scrittura visiva di una diagnosi che, senza uso esplicito di didascalie, sottende a trasmettere messaggi che ciascun visitatore potrà liberamente interpretare e modellare a sua immagine e somiglianza.
La mostra sarà esposta fino al prossimo 18 novembre a Palermo, presso la Chiesa dei Santi Crispino e Crispiniano” (Casa Professa).
A completamento è giusto citare quanto riportato dalla locandina della mostra: “In Valle d’Aosta si trova la Valle del San Bernardo, detta anche Coumba Freida per il vento gelido che spira nel periodo invernale. Durante il carnevale gli abitanti del luogo partecipano alla festa cercando di rendere la stagione meno triste e fredda. Le landzette (1), maschere tipiche del luogo, visitano le case della gente cantando e ballando, bevendo e rievocando il passaggio delle truppe napoleoniche attraverso il colle del Gran San Bernardo. I costumi usati sono una trasposizione allegorica delle uniformi dei soldati francesi che seminarono il terrore tra la popolazione nel maggio del 1800. In questo lavoro fotografico non si vuole semplicemente raccontare la festa, quanto cercare di analizzare gli aspetti sociali e la relazione tra l’uomo e la natura. Il progetto è stato realizzato dal 2013 al 2019.”
Una mostra che merita di essere vista e letta con attenzione, magari ripetendone il giro.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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(1) Landzette sono delle Maschere della Valle d’Aosta, il cui volto è coperto da una maschera un tempo di legno; in mano tengono crine di una coda di cavallo e in vita hanno una cintura munita di un campanello. Questi ultimi elementi vengono interpretati dagli antropologi come strumenti simbolici per scacciare gli spiriti avversi (fonte web).

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