L'Accucchiatu



E allora ragazzi dove si va? Andiamo a Ballarò passando dalla Cattedrale. Anzi, direi, facciamo un giro più largo per vedere se ci sono novità dei graffitari che realizzano le proprie opere artistiche al Capo. Così c’incamminavamo per l’ennesima caccia fotografica.
Stavolta si accompagnava a noi Massimo, socio di Venetofotografia della nostra amica Manuela, per una panoramica cittadina e indirizzato a noi dall'altro comune amico trentino Guancarlo, innamorato anche lui della Sicilia.
Ad un certo punto, il discorso cade sulle cose antiche e, atteso che ci trovavamo vicino al mercato delle pulci, proponemmo a Massimo di fare lì un salto, per fargli vedere il posto e magari cercare di scattare qualche foto meritevole.
Nel ricercare inquadrature adatte, cominciammo a interloquire coi negozianti che, pure disponibili a farsi fotografare, cominciarono a raccontare la storia del luogo, delle loro radici e del lento decadimento del commercio di cose antiche che aveva indotto tanti altri commercianti all’abbandono.
Come spesso accade in tali contesti, ad un certo punto uno dei presenti irrompe da protagonista nella scena, invitandoci a entrare nel capanno retrostante al suo negozio e che all’ingresso riportava l’insegna di “Museo storico delle Pulci di Palermo”.
Varcato l’uscio: apriti cielo!
Alla vista, forse solo un accumulatore seriale non avrebbe avuto reazioni.
L’ambiente angusto proponeva miriadi di raccolte più o meno settorializzate di ogni cosa che rappresentasse manufatti e prodotti vintage di ogni genere; confondendo giochi, utensili, vinili, macchine fotografiche e ogni cosa possibile ormai in disuso che disvelava nell’osservatore ogni tipologia di ricordo che si potesse sedimentare nella mente.
C’era da perdersi nel contemplare in dettaglio gli oggetti che, in relazione agli anni vissuti e alla vita maturata, andava a riagganciare perfettamente i propri trascorsi; facendo pure riaffiorare i volti degli amici di del passato, avvenimenti accomunati con le persone a noi più care, ridando pure vita a chi ci aveva intanto lasciato lungo i viali del tempo.
Luciano Ienna, orgoglioso tenutario dello spazio che stavamo visitando è anche un esperto “rabdomante dell’anima”, un attento percettore che riesce a catturare a volo le sensazioni, le nostalgie e gli entusiasmi che transitano in un baleno nelle menti di coloro che, nell’ascoltarlo, sbarrano gli occhi sul proprio vissuto, sui tempi passati, su tanti ricordi.
Scatole di giochi, bambole e pupazzi, tanti singoli pezzi che riassumono epoche e tanto altro ancora, si presentavano alla vista, disvelando il “filo di arianna” che ne slegava l’apparente confusione.
È impossibile frenare il torrente di parole del Luciano narrante, che raccontava di come era nato in quello stesso posto, delle gesta del padre, dei suoi fratelli e di quello, in particolare, analfabeta che, pur non sapendo leggere e scrivere gli aveva trasmesso il testimone per quella che per lui costituiva ormai una viscerale passione.
Veniva a raccontare anche di tanti personaggi che, come noi adesso, casualmente si erano ritrovati a scoprire il suo Museo, rimanendone affascinati. Fino al punto di tornare un’altra volta e un’altra volta ancora, per documentare meglio: con la fotografica, realizzando documentari o semplicemente scrivendo, per narrare impressioni, sensazioni e ogni altra cosa attraverso il filtro della propria cultura e all’aiuto fondamentale del proprio trascorso e delle personali specifiche memorie.
Ad un certo punto ci si veniva a soffermare su una serie di fotografie stampate a colori, che apparentemente stonavano con l’ambiente. Ci veniva a raccontare la storia di quelle "immagini miracolate" che derivavano da negativi ritrovati casualmente in un sacco nero della spazzatura riposto in un cassonetto d'immondizie a Ballarò e lasciandoci il tempo per guardarle meglio, ad una ad una.
Sono fotografie che oltre a ritrarre Franco Franchi, la sua famiglia e l’inseparabile Ciccio Ingrassia, documentano le scene di un “Tocco” di birra fra amici al quale partecipa lo stesso Franco Franchi.
Luciano ritornò presto per descriverci ogni singolo scatto e per raccontare, anche all’amico veneto che ci accompagna, il funzionamento dei quel tipico gioco popolare. Veniva a descrive i fotogrammi, quasi recitandoli, soffermandosi sui ruoli del “Sotto”, del “Padrone” e soprattutto del soggetto che ogni volta veniva individuato come vittima di turno: “L’accucchiato”.
Una delle foto era emblematica nell'andare a rivelare chi fosse stato quella volta l’Accucchiato (foto in copertina) perché, in quanto rimasto a secco nelle bevute conviviali decise da Sotto e Padrone, era costretto ad alimentare diversamente e autonomamente il suo stato prossimo d’ebrezza, indispensabile per mantenere la goliardia allegra di tutti i partecipanti al convivio.
Per noi del luogo si riaccendevano tanti ricordi d’adolescenza, legati a quando ancora studenti frequentavamo circoli e sale gioco, per l’amico veneto di apriva invece un mondo a lui del tutto sconosciuto che disvelava risvolti di “palermitudini” profonde e oggi invisibili anche a molti indigeni più raffinati.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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