La differenza non la fa la passione ma il talento.

In una bellissima intervista, dove Pupi Avati raccontava del suo incontro con Lucio Dalla, ad un certo punto si affermava una grande verità che da sempre ci accompagna e che spesso siamo portati, forse anche volutamente, a dimenticare ovvero quella che in campo artistico la differenza non la fa la passione ma il talento.
A tal proposito, per la sua grande passione di clarinettista jazz, raccontava che ebbe a patire realmente verso Lucio Dalla la famosa sindrome che il Salieri aveva vissuto con il genio di Mozart; avendo anche lui provato un'enorme invidia per il talento di Dalla musicante; tanto da indurlo a disamorarsi dalla sua viscerale passione musicale, fino ad abbandonare l'impegno professionale con il gruppo jazzistico in cui entrambi si erano ritrovati a militare.
Il racconto fortemente partecipato da Avati evidenziava come, oltre all’impegno profuso, specie in campo artistico erano le caratteristiche individuali innate quelle che andavano a determinare i presupposti necessari alla riuscita e che quasi sempre portano al successo.
Un artista, quindi, non può crearsi da sé a tavolino, né gigionare su improbabili alchimie e dosaggi per il raggiungimento di un proprio desiderata.
Quasi sempre chi ha qualcosa da dire trova un suo modo per esprimere il talento e, se ha poi l’opportunità di trovare il pigmalione attento e si farà forgiare da lui, potrà sviluppare e affinare al meglio le originalità che potenzialmente sarà capace di esprimere.
Di regola dietro ogni bravo artista c’è sempre un maestro che ne avrà colto il talento e che, se generoso, avrà modo di aiutarne il percorso. Come pure un bravo artista è quello che non si basa sui titoli già raggiunti ma colui che continua la ricerca, per sperimentare e perfezionare sempre possibili nuovi modi, assecondando naturalmente il proprio istinto.
L’irrequietezza impegnata a ricercare percorsi diversi di verità è il naturale perseguimento d'intenti, per raggiungere il potenziale che si sarà capace d’esprimere.
Per quanto ovvio, la genialità di certo non potrà mai essere insegnata ma l’apprendimento e lo studio aiuteranno nell’evoluzione di un percorso artistico, come accade in genere nella ricerca applicata per una maggiore qualità apportabile alla vita.
Paradossalmente poi un’invidia di per sé, se vissuta in maniera sana, può anche non rappresentare un fatto negativo. Talvolta, anzi, può costituire una dote per consentire di cogliere meglio le differenze; i limiti delle proprie banalità a confronto di chi è dotato di un'autorialità spontanea.
Cosa che può indurre a prendere atto e coscienza, in maniera serena e intelligente, del nostro potenziale limite conseguibile, riconoscendo agli altri anche quelle capacità che per noi naturali non sono.
“Mettiti sempre con chi ne sa più di te se vuoi crescere” era il motto che mi è stato insegnato da bambino. Seguire il percorso di chi può farci ombra può aiutare a cogliere dettagli, indispensabili e utili e a saper a poco a poco "rubare" il mestiere, specie se si è in qualche modo - a propria volta - votati a questo (riguardo al mestiere naturalmente).
Del resto è risaputo che nel copiare personalizzando sono richiesti esercizio e abilità; che anch'essa è un'arte e non è cosa alla portata di tutti.
Ritornando alla considerazione di partenza, che cioè la differenza non la fa la passione ma il talento, il mio pensiero vola agli anni ottanta, periodo in cui ho conosciuto l’amico Luigi Cocuzza, che già a quel tempo di questa massima ne aveva fatto una sua convinzione, nell'ambito della fotografia e non solo.

Buona luce a tutti!

Commenti

  1. Bello questo post. I talentuosi fanno sempre la differenza.
    Il mio abbraccio
    Maurizio

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