Un breve racconto sulla nascita di una bella foto.

Chiamato a partecipare al meeting, programmato per celebrare l’ennesima giornata della fotografia, partecipo con poco entusiasmo; obiettivo principale è infatti quello di fotografare delle modelle, nelle solite pose e con il ricorrente stuolo di paparazzi che, in taluni casi, nei gruppi, rappresentano dei personaggi.
Girando negli ambienti, mi capita però di vedere anche un manufatto interessante, una scala a chiocciola particolare, che di per sé intriga, sia per la sua struttura che per l’artigianalità associata a un qualcosa di artistico.
Poi capita pure di intravedere un’idea, indotta dallo scatto di un amico che ho vicino, e così incomincio a elaborare una personale chiave di lettura, immaginando un mio film.
Come accade spesso in queste circostanze “da cosa nasce cosa”, allora comincio a intervenire con accorgimenti, in modo che il racconto vada sempre più a completarsi.
A un certo punto però la disponibilità del soggetto che fin qui si era prestato casualmente al gioco comune si ferma e ci abbandona.
La mente però non si rassegna, perchè io continuo intanto a immaginare qualcosa di più.
Nella mia fantasia si definisce ormai chiara un’immagine che necessita solamente di essere fissata con i pixel.
Allora attendo con pazienza che le modelle portino a compimento le loro azioni e poter sceglierne una che magari collabori e si presti a realizzare quella mia narrazione.
Fortunatamente riesco a indurre il soggetto ad accettare ma, nonostante si posizioni secondo specifiche indicazioni, mi accorgo che la cosa non funziona.
Allora rendo la modella complice dell’idea mostrandole gli scatti che ho realizzato fino a quel momento: Eureka!
Il progetto viene percepito, raccolto in pieno e l’entusiasmo ora si palesa con una piena collaborazione partecipativa.
Si ritorna alle posizioni di prima e adesso ad ogni input corrisponde puntuale una risposta.
Anzi di più, perché la modella ora assume iniziative autonome che generano una serie ininterrotta di scene.
La macchina fotografica va in crisi e io impazzisco con essa, perché non riesco a tenere più il ritmo creativo della complice che genera continue soluzioni, con entusiastica lena.
Alla fine sono ampiamente contento e penso anche lei.
Già soddisfatto dei risultati accennati dal visore, immagino che il computer mi saprà restituire delle immagini perfette o per lo meno vicine all’ideato.
Non mi ero sbagliato.
Anche questa volta sono riuscito a trovare una strada per il mio divertimento creativo.
Questo è l’aspetto ludico che dovremmo ricercare tutti e che dovrebbe sottostare al modo leggero di vivere il variegato mondo della fotografia.
Buona luce a tutti!
© Essec
 
 

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