L'ebrezza dell'arte, quando riesce a coinvolgere e confonde



Un caldo terribile, quarantacinque gradi fuori, l'impianto elettrico che non regge al carico eccessivo e l’aria condizionata fuori uso.
L’addetto alla biglietteria correttamente informa che a causa delle alte temperature i piani superiori della Galleria sono stati chiusi. È, quindi, possibile la visita, non refrigerata, per la sola mostra di Avedon e lascia pertanto a noi la scelta.
Lo svantaggio è l’eccessiva calura, il vantaggio è, invece, che saranno in pochi i visitatori presenti nella sala oltre noi. Solo quattro sono, infatti, quelli entrati fino ad ora.
Ci guardiamo in faccia con Salvo, ma avevamo deciso di non perderci quest’appuntamento, quindi optiamo di procedere: fa ‘n culo il caldo.
Chi ha curato l’allestimento ha trovato delle ottime soluzioni nello sfruttare al meglio gli spazi disponibili, così facendo è anche riuscito a far apparire le opere più numerose di quelle che erano realmente esposte.
Le separazioni in piccoli ambienti avevano saputo raccogliere l'esposizione, impaginandola seguendo periodi e capitoli di un racconto variegato che, seppur eterogeneo, manteneva fisso il legame di una umanità narrativa.
Leggerezze nei movimenti di modelle svolazzanti in bianco e nero o a colori, ritratti corrispondenti a vere e proprie maschere, pose scultoree in molti dei modelli ritratti, riuscivano a miscelare documenti fotografici come fossero tasselli pittorici di una pinacoteca.
Le immagini proposte si amalgamavano felicemente nel sinuoso percorso che, catturando lo sguardo, induceva l’osservatore a ripetere i giri, per leggere e rileggere ancora e apprezzare così sempre meglio le proposte dell'artista.
Veramente bella questa “Relationships”, una mostra che veniva a ripercorrere gli oltre sessant’anni di carriera del fotografo e ritrattista statunitense Richard Avedon, attraverso centosei immagini provenienti dalla collezione del Center for Creative Photography (CCP) di Tucson (USA) e dalla Richard Avedon Foundation (USA).
Normalmente, quando si va a visitare una mostra di fotografie dove abbondano ritratti, ci si sofferma a osservare i dettagli fissati nelle immagini. Nel vedere le fotografie di Avedon, felicemente esposte alla GAM di Palermo, accadeva però una cosa assai strana e che difficilmente si ripete negli allestimenti: in questo contesto erano, infatti, i personaggi immortalati nelle stampe che ti guardavano e che ti seguivano lungo il tortuoso percorso.
L’allestimento curato da Rebecca A. Senf, non so quanto possa essere stato corrispondente a quello del Palazzo Reale di Milano, ma in questo operato alla Galleria d'Arte Moderna di Palermo risultava partecipativo e veramente bello.
Le Immagini esposte, che inevitabilmente catturavano, continuavano sempre a seguirti e, anche se andavi a nasconderti lungo il percorso, gli occhi di Nastassja Kinski, Truman Capote, Marilyn Monroe, Michelangelo Antonioni, Marlene Dietrich, Audrey Apburn, Humphrey Bogart, Sophia Loren, Jhon Ford, Louise Nevelson, Isaiah Berlin e di tanti altri erano lì, fissi ad osservarti.
Se provavi a girarti per tornare a guardarli ti accorgevi che anche loro sembravano presenti, pure intenti a scrutarti. Per non parlare del quadrittico ammaliante dei Beatles, composto coi volti giovanili dei quattro componenti della mitica band …. che inducevano a contemplazioni mistiche.
Alla fine della fiera, non eri più tu a ricercare nelle foto, ma erano le figure dei tanti personaggi esposti che ti continuavano a ricercare e che ti osservano attente.
Mentre ti soffermavi a guardare le preziose fotografie, la sensazione era anche quella ti sentirti spiato, quasi vi fossero delle presenze vive in quella sala, di anime vaganti intente a percepire le sensazioni che ti invadevano e che stavi provando: è l'ebrezza dell'arte, quando riesce a coinvolgere e confonde!

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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