Soffermandosi su contenuti del volume “Contro Barthes” di Joan Fontcuberta



Il nuovo libro di Joan Fontcuberta “Contro Barthes – Saggio visivo sull’indice” edito da Mimesis/Sguardi e Visioni, si compone di 202 pagine, ma di queste sono poche quelle che focalizzano l’argomento Roland Barthes.
I due terzi del volume propongono, infatti, immagini provenienti dall’archivio della rivista “Alerta” acquisite da collezioni private.
Le quasi settanta pagine di solo testo, in massima parte trattano e prendono spunto da queste fotografie per soffermarsi sulla metodologia fotografica che accompagnava la rivista spagnola.
In tutte le foto riprodotte l’indice della mano di un soggetto stava sempre a indicare (con il dito avente la funzione di un “click”) l’oggetto all’interno del campo visivo del soggetto che compie l’azione.
Proponendo, quindi, in forma visiva il punctum barthesiano che veniva sostanzialmente a standardizzare il ripetere di una formula didascalica che assegnava un senso specifico a quanto era ritratto, indirizzando l’osservatore.
Da qui, riguardo a Barthes (facendo cenno anche a coloro che hanno influenzato il suo pensiero), dopo una lunga dissertazione su quanto da questi sviluppato nel libro Camera Chiara, Fontcuberta, pur riconoscendo che le sue teorie sono state utili a sviluppare approfondimenti, sostiene che occorre andare avanti (uccidere il padre per affrancarsi da condizionamenti) e, tenendo in giusto conto le tante novità intervenute, adeguarsi ai tempi.
Dall’analogico si è già passati al digitale (dai sali d’argento ai pixel) e, nell’immediato domani, sara' l’algoritmo ciò che si prospetta come metodo principale nella creazione delle immagini (con annessa evoluzione del software). L’emancipazione dal pensiero di Roland Barthes costituisce quindi, oggi, quasi una necessità.
Al riguardo, se prima la fotografia rimaneva fortemente condizionata dalla didascalia ad essa collegata, la sperimentazione appena avviata con l’intelligenza artificiale sta invertendo le fasi dei ruoli.
Quanto sta accadendo consente, infatti, attraverso un testo descrittivo (didascalia), la realizzazione virtuale di una fotografia basata su opzioni di milioni d’immagini, codificate attraverso database che catalogano abbinamenti possibili del risultato visivo con le infinite combinazioni di parole inserite come input.
La velocità che ha già interessato le trasformazioni accadute ci hanno insegnato che ormai l’inverosimile è destinato a superare ogni fantasia e, anche se oggi l’intelligenza artificiale applicata al mondo della fotografia ancora mostra evidenti limiti applicativi, è certo che le sempre migliori soluzioni che si andranno a trovare saranno in breve tempo delle realtà verosimili; tanto da rendere indistinguibili le immagini riguardo al loro reale iter creativo.
Tornando a Roland Barthes, la foto virtuale basata su intelligenze artificiali e relativi mega database, quindi, andrà ad invertire di fatto la procedura legata all’analisi delle immagini. Dalla fotografia oggi si deduce un testo interpretativo o narrativo, domani sarà un testo preciso che andrà a realizzare un’immagine.
Tutto ciò comporta e introduce, sostiene Fontcuberta, una rivoluzione copernicana per l’intero comparto.
Volendo collegare quanto detto con il pensiero di altri teorici avanguardisti illuminati dei nostri luoghi, in qualche modo la serie di cieli fotografati da Luigi Ghirri (che costituiscono le immagini di chiusura del documentario “Infinito” a lui dedicato, proposto di recente anche in RAI) evidenzia dei concetti abbastanza analoghi in merito alla mutevolezza delle cose.
Fotografando ogni giorno il cielo Ghirri ha dimostrato come siano tante le combinazioni possibili già per quella specifica e limitata tematica; vuoi per la temperatura del colore nelle diverse ore delle giornate, vuoi per l’umidità dell’aria, ma anche per l’eventuale presenza/assenza di nuvole e la relativa configurazione e tanto, tanto altro.
Fontcunerta scrive, in proposito, che lo sviluppo di qualsiasi accadimento umano può essere diverso già in funzione del piede di partenza (primo passo di dx o di sx). Cosa che un po’ si ricollega allo Sliding Doors casuale/occasionale proposto nel bellissimo film del 1998, diretto da Peter Howitt che, a sua volta, prende spunto da idee precedentemente esplorate e sperimentate dal regista polacco Krzysztof Kieślowski.
In fondo l’evoluzione attuale della fotografia rappresenta lo stadio più recente delle tecnologie visive che, iniziate dai graffiti preistorici si sono poi sviluppate in forme d’arti perfezionatesi nel tempo (con la scultura e la pittura principalmente).
Sali d’argento, pixel, nanotecnologie e software sempre più complessi hanno aperto la strada a nuovi sistemi che avanzano, indifferenti alle costanti resistenze di taluni nell’accettare mutamenti a quello che è lo status quo. I terrapiattisti, di ogni epoca, vengono quindi sempre superati dalle evidenze scientifiche quando queste si consolidano, diventando in ultimo inconfutabili.
Rituali operativi che costringevano o ancora costringono ed educano a maggiori riflessioni prima del classico scatto, specie per il limitato numero di pose concesse dal vecchio rullino, condizionano ancora chi ha iniziato a fotografare con la pellicola analogica; perché ciò ancora costituisce un ricordo vivo e, per taluni, un insegnamento di base che è rimasto fortemente condizionante e formativo nell’approccio operativo.
La persistente resistenza di chi rifiuta tuttora di usare il digitale, però, rappresenta quasi un atto di fede, che rimane ancorato a canoni antichi collegati anche a una iconografia ortodossa quasi scomparsa.
Insomma, non si scopre certamente l’acqua calda affermando che la tecnologia contamina sempre di più il progresso e condiziona le varie concezioni e filosofie d’ogni tempo.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

--

P.S. - Volendo sperimentare, vedere come funziona e un po' divertirsi basta accedere a: https://talkai.info/it/image/

Commenti

Post più popolari