"The Fabelmans" di Steven Spielberg

Ho visto il film di Steven Spilberg, il suo ultimo, quello autobiografico, per intenderci "The Fabelmans". Un film difficile da descrivere in poche parole, ma sicuramente di bellissima fattezza e per molteplici aspetti.
Fra le recensioni quella di "Anonima Cinefili" appare molto azzeccata ed esaustiva, pertanto non vale la pena perdersi in altre considerazioni di dettaglio.
Al di là della storia che lo riguarda, Spielberrg, con la descrizione degli avvenimenti e degli stati d’animo, le sfumature, nel racconto propone una serie di porte socchiuse ma abbastanza aperte per lasciare intravedere intimità e dove ciascuno spettatore, se vuole, potrà personalizzare a soggetto e, nel caso, rispecchiarsi.
I vari personaggi rappresentati costituiscono, infatti, un caleidoscopio di vita e delle tante anime diverse che alloggiamo nel nostro mondo terreno.
La lettura in chiave americana, pur soffermandosi nel sottolineare specificatamente aspetti antisemiti, in verità addita questioni universali, che possono tranquillamente essere traslate in qualunque altra forma di razzismo o di discriminazione sociale.
Nel film il tutto è presentato in una chiave quasi fiabesca che riesce ad addolcire anche aspetti controversi, complessi, spigolosi, drammatici palesati nei tanti passaggi di scena.
Lo Spilberg maturo d'oggi è riuscito a stendere con grande abilità una patina, che scherma e modula dolcemente le sequenze lungo lo scorrere del filmato; normalizzando fantasmi e rendendo perfino lievi e raffinati anche i traumi e le instabilità raccontate. Esorcizzando esperienze e situazioni che percorrono le infanzie e le adolescenze dei "tanti ognuno" dei personaggi rappresentati.
Uno Spielberg fortemente felliniano che rielabora i suoi ricordi, come stesse parlando di un sogno altrui e che accompagna per mano lo spettatore; in una narrazione della storia che lo ha riguardato e che nel film fa apparire come un qualcosa di distante, come fosse già per lui un racconto ampiamente sedimentato, assilimato, lontano, ma in verità ancora profondamente vivo e presente.
Dopo aver visto il film mi sovviene il ricordo di una poesia d’un tempo, per l'appunto intitolata "Cinema d'autore", pubblicata nel volumetto "Sole nero".
"Valori universali, intense sensazioni, poesie fatte d'immagini, musiche senza stagioni. Sono i bagliori puri che inebriano la mente, genialità di artista che parla con la gente. Sono gli eterni codici privi di ogni barriera che, con battute semplici, illuminano la scena. E dentro te si destano dei sentimenti cheti: mille violenze inutili, molte miserie umane, gli inverni malinconici, le primavere strane. Ed in qualunque campo spuntano sempre dei fiori: la forza della vita c'è sempre in tutti i cuori. Le pagini sublimi di quel tal bel racconto trapassano steccati, colorano lo sfondo di un universo umano tanto diverso e vero, che vede molti ideali brillare nel suo cielo."
La poesia si ispirava a un'altra bellissima opera cinematografica; il film giapponese del 1991, diretto da Akira Kurosawa, con la partecipazione straordinaria di Richard Gere, dal titolo "Rapsodia in Agosto".

Buona luce a tutti!

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