Su “Lezioni di Fotografia” e altro ....

Forse il momento più importante nell’attività di un circolo culturale è quello di riuscire a proporre argomenti e personaggi che rappresentino delle novità, in panorami che spesso amano percorrere e tendono a muoversi in spazi ampiamente conosciuti e consolidati.
L’altro giorno, seguendo l’invito degli amici dell’Associazione catanese “Le Gru”, ho avuto modo di assistere alla serata streaming che avevano programmato per ospitare un autore a me sconosciuto.
Il fatto che io non conosca moltissimi autori, anche importanti, contemponarei o anche storici, del resto non è una novità. Infatti, anche se coltivo la passione per la fotografia da tanto tempo, non ho difficoltà a confessare che non ho mai dedicato molto spazio allo studio della materia.
Tornando alla serata, l’ospite in questione era Antonello Ferrara, un giovane (di quelli attuali, ultracinquantenni) che veniva a illustrare due sue produzioni molto originali, a prima vista non facili da approcciare ma che, con il sapiente racconto dell’autore, riuscivano a essere comprensibili e pure intriganti.
Peraltro il Ferrara, pur dichiarando che il suo modo di esprimersi con la fotografia in maniera artistica era relativamente recente, riusciva a far emergere l’aspetto progettuale delle sue proposte. I suoi lavori (almeno quelli illustrati) avevano entrambi una base concettuale, sviluppata pazientemente in un arco temporale e attingendo a vecchie tecniche utili ai racconti.
La sequenza di una serie di fotografie con - all’interno di ogni inquadratura - una nuvola di caratteristiche particolari e spesso anche l'unica presente in un cielo assolutamente sereno, induceva di per sé a pensare.
La spiegazione data dall'autore al termine della proiezione, pure comprovata da una ripresa filmata che avallava la sua trattazione, veniva quasi a costituire - e per certi aspetti - un pò l’uovo di Colombo, venendo a ridimensionare certi fenomeni naturalistici che talvolta inducono anche a equivoci o fake news.
Volendo descrivere il progetto realizzato dall'autore, è da dire che la sua osservazione attenta e prolungata del territorio di Priolo (SR) gli aveva fatto sorgere una curiosità su una strana nuvola, che ogni giorno vedeva rispecchiata sul mare prospiciente alla zona industriale. Una nuvola, di dimensioni pressoché costanti, che si presentava ad un certo momento della mattina e che aveva una durata di alcune ore per poi dissolversi.
Il boy scout custodito nell’anima dell’autore del portfolio fotografico proposto ebbe ad appassionarsi all’idea/sospetto che qualche fenomeno specifico potesse venire a creare quella speciale situazione atmosferica.
Per farla breve, dopo una serie di scatti fotografici, arrivò a focalizzare meglio la questione che lo portò infine a una soluzione razionale e a svelare l’arcano.
Erano, infatti, le esalazioni provocate dallo stabilimento industriale di Priolo che andavano a generare una condensa che lentamente andava a creare la nuvola; ogni giorno e sempre alla stessa ora, che in base alle direzioni del vento, si andava a posizionare stabile in un quadrante del panorama.
A supporto del suo racconto, Ferrara portò pure una prova inconfutabile. Con il suo telefonino aveva, infatti, filmato tutte le fasi che andavano a generare quelle serie di nuvole quotidiane, rivelavando visivamente l'origine del fenomeno.
Al di là della originalità di quanto narrato, la mia parte di mente miscredente andava ad associare la prova esibita a quei tanti avvistamenti fideistici, idolatrati dalle moltitudini che necessitano dell'esistenza terrena di miracoli divini. Alle diverse presunte apparizioni come, ad esempio, quella della madonna di Medjugorje e tante altre visioni ancora, su cui ci sarebbe molto da dire.
La curiosità di Antonello, in questo caso, andava quindi ben oltre l’aspetto fotografico, perché sfociava e apriva a un vasto campo di credenze e suggestioni di genti che da sempre mal tollerano dubbi e peggio ancora possibilità di risposte scientifiche a loro convinzioni pseudoreligiose.
Tornando alla fotografia, il secondo lavoro proposto era un insieme d'immagini realizzate con l’utilizzo di filtri anteposti allo strumento di ripresa.
Le fotografie appannate o macchiate andavano a far scorrere una specie di percorso onirico, che induceva a far riemergere tappe del passato. Affioravano così ricordi di ambienti, di personaggi, di desideri repressi, di visioni di luoghi di un tempo e molto altro ancora. Il tutto intramezzando flash d’immagini confuse, prevalentemente minimaliste, un po’ surreali, con scatti introspettivi dove anche l’osservatore poteva riconoscersi.
Anche questo un lavoro pensato e strutturato seguendo uno schema logico ben preciso.
Concludo la mia descrizione dell’interessante evento con una mia banale considerazione, ovvero, che sempre più di frequente la fotografia, in quanto forma d’arte, può prestarsi a tante fattispecie concettuali. Con processi creativi che spesso si discostano anche notevolmente, per intenderci, dal solco originario e storico di “bressoniana” concezione.
Si potrebbe forse anche dire che questa non è vera fotografia ….. nel senso classico convenuto e consolidato; ma la fotografia – come succede nelle varie forme d'arte espressiva – ormai si presta a vari svolgimenti e a differenti osservazioni.
Specialmente se viene intesa quale è oggi, per la sua efficacia comunicativa, accostabile alla scrittura stenografica costituita da un mix di realismo e suggestione.
I confini e le barriere correntizie, sono pertanto solo delle convenzioni che permettono di inquadrare e discernere le diverse scuole di pensiero, lasciando isolato il fascino di ogni genere individualmente proposto e prescelto.
Molto più frequentemente, come ha ben evidenziato l’amico Pippo, l’arte fotografica costituisce spesso solo un pretesto per lo svolgimento di un racconto e le fedeltà delle immagini possono, in alcuni casi, financo portare a distogliere l’osservatore dal riconoscersi e leggersi attraverso una propria personale lettura interpretativa.
Al riguardo, ad esempio, “Luigi Ghirri è uno dei grandi maestri della fotografia italiana. Nella sua opera ha usato la fotografia come mezzo per mettere in discussione la realtà, attraverso immagini che fanno riflettere, sulla differenza tra ciò che vediamo, ciò che rappresentano e il loro significato.” È quanto scrive su di lui Giuseppe Santagata nella recensione fatta al celebre libro “Lezioni di Fotografia”.
Nell’articolo cita anche quella frase dove il fotografo, nato geometra, affermava come “La fotografia è essenzialmente un dispositivo di selezione e attenzione del vostro campo di attenzione…semplicemente si tratta di attivare un processo mentale, di attivare lo sguardo e cominciare a scoprire nella realtà cose che prima non si vedevano, anche dando agli oggetti, agli elementi della realtà un altro significato. Attivare un campo di attenzione diverso”.
Per una lettura dell’intero articolo di Santagata si rimanda al sito web Fotografia.it dove è pubblicato.

Buona luce a tutti!

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