Autorialità nella fotografia



Ieri sera ho assistito, all’appuntamento incentrato su Alec Soth curato da Claudia Ioan e mi ha intrigato. Sai, certe volte le poche conoscenze aiutano a focalizzare alcuni aspetti che appaiono più facili per un neofita. Allora, come avrai già intuito, ho unito la nostra breve corrispondenza elettronica a piccole riflessioni suscitate dalla Ioan.

Nella mia email sostanzialmente scrivevo che: nell’ambito degli appuntamenti Fiaf del giovedì, ho avuto l’opportunità di assistere all’appuntamento dedicato a Lorenzo Cicconi Massi, condotto da Attilio Lauria, che nella mia ignoranza fotografica, sconoscevo del tutto. Nel caso te lo fossi perso, potrai recuperare attraverso la registrazione che è messa in rete il sabato (già disponibile https://www.youtube.com/watch?v=uFXUZwKapWU).

A stretto giro di posta ricevevo:
“Stavolta ti devo bacchettare. Lorenzo è stato uno dei nostri desideri realizzati in tempi ante coronavirus. Con gli amici della Plenum lo abbiamo voluto a Catania, ospitato, in mostra ed in cattedra. E la mostra ha avuto una certa risonanza. Perchè dirai? Perché, come penso tu abbia capito dal suo lavoro, la sua formazione risente dell'ambiente culturale maturato a Senigalia e dell'influenza esercitata sulla sua formazione dal compianto Giacomelli. Ti consiglio di cercare ed acquisire il film, trasportato in cd, da lui realizzato su Mario dove tante testimonianze di persone viventi e no, tra cui Enzo Carli, sono utilizzate per tracciare una biografia meno pallosa e più penetrante. Lui rifiuta, in fondo in fondo, l'accostamento con Mario ma l'impostazione iconica è assai simile così pure a disponibilità a strutturare l'immagine fotografica sub specie figurae retoricae; senz'altro è comune una certa libertarietà che in Lorenzo è meno istintiva di Mario e, peraltro, più controllata da una formazione culturale di eccellente livelllo. In libreria è disponibile un libro recentissimo confezionato insieme ad altri fotografi tra cui Comello e Faraci che abbiamo avuto ospiti negli streaming con Luce Iblea. Anche lui è d'accordo che potrebbe risultare facile copiare il linguaggio giacomelliano; impossibile renderlo espressione delle potenzialità di quella visione. (intervista rilasciatami nel 2018).”

La mia risposta:
Accetto la bacchettata, comunque nell’elencare il suo palmares Attilio ha citato l’esperienza catanese. Si è parlato anche di un ultimo lavoro collettivo sul lockdown. Devo dirti che i suoi alberelli e le donne volanti hanno subito richiamato e portato a Giacomelli, ovviamente, e costituiscono un’elaborazione/sviluppo ulteriore dell’opera del suo Maestro ispiratore specie nel mantenere le sottrazioni di colore (neri profondi e bianchi evanescenti). Facile considerazione, dirai tu! In ogni caso, mi ha anche colpito molto positivamente il suo approccio nel raccontare il modo di suo fare fotografia e la disponibilità assoluta nel prestarsi a qualunque confronto; quasi come fosse un bambino che venisse a raccontare sul come maturassero nella sua fantasia le idee per realizzare fotograficamente le sue visioni, i suoi sogni. Una gran bella persona comunque. Grazie Pippo.

In serata c’è stato anche un evento curato dall’’associazione fotografica Il Fotogramma dal titolo “La fotografia contemporanea: Alec Soth”, incontro online con Claudia Ioan, rientrante nell’ambito della ricca programmazione dei Circoli Fiaf e che si stanno svolgendo in tutt’Italia con l’intervento dei vari docenti dell’associazione.
Anche qui, come si sul dire, grasso che cola. Le esposizioni della Ioan ormai sono cosa nota, e ad Alec Soth più che una radiografia è stata fatta una TAC. Ma come quasi sempre accade in questi appuntamenti, l’apparente appendice alla Lectio - che si sviluppa coi vari commenti - costituisce una approfondimento della cartella clinica dell’autore di turno che viene osservato. Per chi ne avesse l’opportunità, si rimanda a rivedere la registrazione dell’evento.
Capita pure che quasi sempre, chi si trova fra gli spettatori, alla fine si trova a rimuginare sulla base dei tanti input ricevuti dal conferenziere. Occorre talvolta anche del tempo per riordinare, specie quando, nel caso di Soth, le questioni appaiono molto complesse e più profonde rispetto alle apparenze.
Dall’elaborazione batch che ciascuno di noi lentamente elabora affiorano talvolta delle intuizioni che sarebbero state opportune esternare per delle considerazioni o delle domande da porre al docente, ma la serata è già andata.
Quello che mi è rimasto sospeso e avrei voluto esternare era che le fotografie di Alec Soth sembrano rappresentare molto più semplicemente il suo pensiero del momento, del come vedeva e sentiva quella realtà che fotografa nell’attimo del suo click, influenzato dallo stato d’animo provato. In questo ricomprendo anche la foto cartolina tra le più vendute e che raffigura uno scorcio all’imbrunire delle cascate del Niagara.
Il parallelismo, poi, fra The Americans di Robert Frank e tutta l’operazione sviluppata da Soth è vero che in qualche modo traspare, seppur correlato ai tempi, e, come ha evidenziato Torresani nel suo intervento, che Soth è stato agevolato dai precedenti di Frank, riportati nel suo libro del 1958 ampiamente digerito dal popolo americano dopo gli iniziali attacchi, ma forse è pure vero che gli approcci estetici dei due fotografi sono stati differenti.
Cerco di spiegarmi meglio. I reportages di Robert Frank, come ha fatto vedere Torresani mostrando ad esempio una foto del libro, erano sostanzialmente di piena denuncia, di un’America che gli americani non volevano vedere e che non gradivano fosse loro proposta in quei termini.
Soth, invece, con i suoi vuoti che fanno intendere e le allusioni liberamente interpretabili, ha sempre lasciato a ciascun osservatore di leggere ciò che ognuno ha voluto, facendo sì che si restasse liberi di costruire un personale racconto da ogni immagine proposta. Magari, nel suo caso la denuncia sarebbe un po’ soft …. ironizzando sul nome dell’autore, ma anch’essa efficace.
Del resto l’americano medio è sostanzialmente un provinciale, con addosso le scorie della acerba storia degli USA ancora attaccate alla pelle, e non tollera che certe verità gli siano sputate in faccia. Soth, in questo suo sottintendere, nell’alternare solitudini e crude realtà, rimane, forse, più accessibile, accettabile e sicuramente riesce a entrare nel più profondo di una popolazione conscia dei propri limiti, ma che non li vuole mai mettere in piazza in maniera troppo evidente.
Ma la serata intanto era già finita. Saranno forse delle considerazioni da porre in una prossima volta.

L’amico Pippo, che ha letto il pezzo in anteprima, alla fine mi ha anche saggiamente risposto: “Vedo che le tue scorribande si dirigono sulle cantine che "passano per la maggiore" e quindi Barolo, Monteplulciano, Champagne, etc..... Che tutto ciò buon pro ti faccia purchè non scompaia il ricordo dei vecchi vitigni.”

Buona luce a tutti!

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