“Qultura” dominante, quella con la “Q” maiuscola



“La morte di Berengo Gardin, tutti i commenti, le pagine a lui e al suo lavoro dedicate, condividendo le sue fotografie – quasi tutte, con poche eccezioni – raccontano l’Italia dagli anni ’50 agli inizi di questo secolo. Con lui, anche altri celebrati maestri ci hanno consegnato un racconto unico di quegli anni. E poi? Dopo di loro? Raf, in una canzone, si chiedeva: «...Cosa resterà di questi anni ’80!». Io mi chiedo: cosa resterà, nella memoria, di questi anni in cui la fotografia – quel genere di fotografia – è stata annientata da assurde leggi sulla privacy, e da un’assenza assoluta di committenza, sempre più orientata verso il “concettuale”, verso il prodotto da galleria che vende ma che spesso non racconta. Resterà poco, e frammentato. È impossibile autoprodurre una mole di lavoro di quella portata per quei pochi che ancora portano avanti quel tipo di fotografia. In futuro, mi chiedo quale sarà la memoria. ...Cosa resterà di questi anni?”

È il testo condiviso che è stato scritto e postato in questi giorni su FB dall’amico Fotografo (con la F maiuscola) Giuseppe Gerbasi.
Un post che dovrebbe indurre almeno molti di noi, che abbiamo visto più primavere, a fare delle riflessioni e delle attente considerazioni sull’oggi, oltre che sul futuro degli abitanti del mondo che temporalmente ospita.
La cultura latita.
La poca che si intravede - e che a stento sopravvive, a prescindere dalle ideologie variegate - riesce ad avere pochi spazi, mentre la pochezza e il banale riescono ad esprimersi tronfi.
Nemmeno quanto accade nel panorama politico promette bene.
Una spregiudicatezza etica e morale diffusa, associata a una disarmante mediocrità dei soggetti preposti a coprire i vari ruoli ne costituiscono esempio. In molti casi sempre costituiti da personaggi forgiati come ex portaborse ma che, diversamente dal passato, per tanti motivi risulttano oggi privi di talento.
Tutto questo, come detto, non fa ben sperare.
Anche perchè chi potrebbe ancora orientare per raddrizzare la barra verso un cambiamento di rotta viene vissuto come ostacolo (il Grillo di Pinocchio) e, se avanti negli anni poi, senza alcun esame di merito, viene pure deriso e oscurato dai media come fosse un "coglione".
Il tutto al sempice scopo di “non distrarre" l'occasionale preposto (senza avventurarsi sul genere) che periodicaente viene cooptato per far da guidatore nel governo degli interessi di parte del momento.
Per riprendere quanto già citato in una illuminante metafora sui piccioni, richiamata nel commento a un recente articolo, si può ben affermare che sono ormai tanti, troppi, i figuri impettiti che svolazzano nelle scacchiere del nostro quotidiano; costituenti ormai nugoli di piccioni appesantiti, che per opulenze lascive spesso non sanno neanche volare, ma che scacazzano ovunque, organizzati in lobby e partiti.
Sentendosi, da impuniti, i padroni incontrastati del territorio, "legalmente" occupato con destrezza; tacitando, con il controllo indiretto dei media, possibili vere opposizioni o altri controllori istituzionali costantemente marchiati come inadeguati, di parte e mai imparziali.
Il post dell’amico Giuseppe, che rappresenta un epitaffio perfetto per la fotografia d’un tempo, può essere assunto oggi per profetizzare un futuro prossimo. Applicabile a ogni risvolto di vita sociale.
In questo caso, come considerazione sulle prospettive dell’avvenire prossimo, più che il famoso brano della canzone i RAF occorrerà convincersi con un: “POVERI NOI e coloro che veranno le prossime albe".

Buona luce a tutti!

© Essec

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