"Inventare la pace" di Wim Wenders e Mary Zournazi
Per chi è appassionato di fotografia Wim Wenders costituisce un autore/artista da non trascurare assolutamente, anche per il semplice fatto che il suo modo di trattare l’immagine (fotografia o filmografia) va sempre oltre quelle che sono le apparenze.
Ne consegue che anche gli scritti, propedeutici ai suoi lavori o che li accompagnano durante il loro svolgimento, costituiscono delle lenti che consentono di decifrare e decontestualizzare i tanti messaggi che sottintende e si intrecciano.
Soltanto limitandosi alla fotografia, le analisi che Wenders sviluppa individuano il suo punctum, portando alla luce le diverse profondità sottostanti ai suoi propositi.
In questa chiave “Inventare la Pace”, scritto unitamente alla filosofa australiana Mary Zournazi, rappresenta un prezioso documento che aiuta chi si occupa d'immagine a poter andare oltre le apparenze.
I diversi capitoli del libro sviluppano e si soffermano su vari elementi connessi alle produzioni artistiche visive, collegandoli con diari di lavoro redatti in contemporanea e che rendono quasi partecipe il lettore nei processi creativi.
Sarebbe impegnativo tentare trattare in poche battute i tanti spunti e argomenti. Si rischierebbe di tediare con disquisizioni che risulterebbero comunque parziali e incomplete nel tentativo di definire le singole questioni; demotivando magari chi si propone di leggere per intero i ricchi contenuti del volume.
Ci si limita, quindi, a soffermarsi solo sulle poche pagine finali, che riescono a riassumere l'intera opera letteraria con diverse considerazioni mirate.
Tra le tante, interessanti e centrali appaiono alcuni periodi concettuali, come, ad esempio:
“Se non è probabilmente difficile riconoscere la nostra appartenenza a quella che oggi, con una certa approssimazione, chiamiamo la civiltà delle immagini, è invece molto più arduo accorgerci, con la stessa certezza, che apparteniamo da sempre a un mondo di sguardi.” ….. “Il mondo delle immagini dischiude per noi una duplice possibilità, nel momento in cui il nostro occhio si identifica con una immagine, dandole il suo assenso, essa diviene per noi trasparente ed è come se si aprisse una finestra sul mondo per mostrarci la realtà così come è; quando invece il nostro sguardo non si identifica, respingendola, la stessa immagine ci appare subito come un fastidioso diaframma che ostacola il nostro contatto col mondo. Non altrettanto può accadere con il nostro sguardo.” …… “A volte, sono le immagini stesse che rivelano lo sguardo a sé, come uno specchio, mostrandogli ciò che cerca e proietta in esse, il suo desiderio e la sua paura. Talvolta lo fanno attraverso le loro lacune. Sono i momenti in cui il nostro sguardo cerca nelle immagini molto più di quello che potrebbe vedere, finendo per scorgere sé stesso. Ma c’è una cosa che può rivelare più di ogni altra uno sguardo a sé stesso: un altro sguardo. È questo ciò che il nostro sguardo cerca e desidera, talora senza saperlo. Nonostante la sua attrazione per gli oggetti, il nostro sguardo tenta di trovare qualcuno che gli risponda, permettendogli di uscire da sé. È questo il suo segreto che infantilmente custodisce.”
Diversi altri pensieri e richiami filosofici riassumono, poi, variegati altri contenuti dell’interessante volume pubblicato dalla Bompiani nel 2014.
Per voler ribadire o sottolineale l’importanza di certi processi creativi altrui, alcuni degli autori citati in questo libro sono stati pure successivamente ripresi da Wim Wenders nel volume della Contrasto intitolato “Wim Wenders – I pixel di Cézanne e altri sguardi su artisti” pubblicato nel 2017 (aa Michelangelo Antonioni a Edward Hopper, da Pina Baush a Yasujiro Ozu, etc.).
Avendo letto i due libri a distanza di tempo, a parer mio, rimane molto più ricco, specialmente per un appassionato di fotografia, l’operazione condotta con la filosofa australiana che, a sua volta, controbilancia e riesce a completare i tanti spunti e messaggi proposti da Wenders. Mettendo sempre in condivisione studi, intuizioni, sperimentazioni e scoperte messe in opera in ogni sua lovoro.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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