Dissertazioni su “Luigi Ghirri” di Lorenzo Noto



Una delle cose più belle fra due persone è il confronto, la conoscenza, la confessione delle proprie incertezze e la scoperta di avere una visione che accomuna.
Nel novembre 2018 a Pizzolungo fu dedicata una serata a Luigi Ghirri. Ho riguardato il materiale che avevo raccolto per quell’evento – quelle ricerche che mettono insieme una serie di informazioni per conoscere meglio qualcosa, un autore, un fenomeno - e cerco di evidenziare qualche particolare che ci potrà aiutare a leggere le sue fotografie.
Io non sono un critico ma ho sempre molto apprezzato la formazione, quella disciplina che cerca di collocare adeguatamente una serie di informazioni e cerca di far sviluppare - in chi le riceve - uno spirito critico, la capacità di osservare, discernere e comprendere …
Ghirri sosteneva che dobbiamo porci nei confronti del mondo esterno in maniera elastica, non rigida e sosteneva che la fotografia rappresenta una via di mezzo fra la staticità della pittura ed il movimento che è proprio del cinema.
“La fotografia è essenzialmente un dispositivo di selezione e attenzione del vostro campo di attenzione … semplicemente si tratta di attivare un processo mentale, di attivare lo sguardo e cominciare a scoprire nella realtà cose che prima non si vedevano, anche dando agli oggetti, agli elementi della realtà un altro significato. Attivare un campo di attenzione diverso”.
Gli spazi che descrive Luigi Ghirri, hanno forme e colori differenti, e tuttavia sembrano uguali in tutti i luoghi.
Sono spazi vuoti, entro i quali vive la possibilità della realtà rappresentativa. Paesaggi sospesi, non realistici, per certi versi metafisici, spesso privi di figure umane, ma dove resta ben visibile il passaggio dell’uomo.
L’uso della sovraesposizione, i colori delicati pastello, il minimalismo narrativo e il linguaggio concettuale sono tratti caratteristici della sua opera.
Un perenne immutabile, che trattiene la tensione e il desiderio che qualcosa accada.
Lontano dalla spettacolarizzazione, la fotografia di Ghirri ricerca l’intimità. Il suo paesaggio è povero, apparentemente asciutto e scarno. Ma l’opera intera dell’artista emiliano suggerisce che, al di là di quello che può accadere, ogni luogo del mondo contiene sempre la possibilità di una nuova prospettiva del guardare.
Un fotografare “lentamente”, il totale contrario della fotografia usa e getta a cui siamo abituati nel web.
Uno sguardo semplice e minimalista, che si arricchisce continuamente di richiami concettuali.
Fotografare in modo diverso (per uno stesso fotografo) non è sinonimo di indecisione, di incertezza, ma è sinonimo di sensibilità, di elasticità, d’intelligenza, di cultura, di predisposizione allo studio, di capacità di conservare visioni diverse, tutto ciò rappresenta lo spessore di una PERSONA.
Proporre una mostra fotografica ispirandosi ad un autore non vuol dire presentare delle fotografie scimmiottando la maniera in cui quell’autore usava scattare e presentare i propri lavori; vuol dire ben altro, vuol dire immergersi nell’opera dell’autore che ci ispira con la adeguata sensibilità e guidati da un credo che è il frutto di una visione.
Senza studio tutto ciò non può concretizzarsi e non basta solo lo studio perché è necessario sentire quello che si realizza e che si propone.
È molto complicato riuscire a spiegare lo stupore (direi la scossa) che può provare - chi conosce l’opera di Luigi Ghirri.
Ghirri usava riprendere di spalle i visitatori delle mostre dando vita ad una spersonalizzazione … ed ogni persona ripresa può essere ognuno di noi.
Curiosità, anche per dare qualche informazione culturale: siamo nel 1974 a Modena, Massimo Mussini (professore di Storia dell’arte moderna) è arrivato per visitare una mostra fotografica che lo delude molto … si avvia verso la stazione per andare via da Modena quando, di passaggio, si accorge che in un albergo c’è una mostra fotografica … incuriosito, aveva ancora del tempo, entra … non c’è nessuno … non c’è l’autore delle foto ... rimane molto colpito dalle foto tanto da parlarne con Arturo Carlo Quintavalle, storico dell’arte ...
Quintavalle ha studiato all'Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore, dove è stato allievo di Carlo Ludovico Ragghianti. I suoi studi e ricerche vanno dai fondamenti dell'arte medievale al Novecento, e mostrano grande interesse per le numerose forme artistiche dell'età contemporanea e soprattutto per la fotografia e il design.
Le fotografie esposte nell’albergo erano di Luigi Ghirri.
Di recente mi sono occupato di FOTOGRAFIA TRANSFIGURATIVA, ho approfondito il mondo del sogno, della transfigurazione, attraverso il lavoro di una nuova corrente fotografica che si chiama, appunto, FOTOGRAFIA TRANSFIGURATIVA.
Ho chiesto all’amica Antonella Messina, fotografa che appartiene alla corrente, chi collocasse - dei grandi Maestri della fotografia - nel mondo fotografico che opera la transfigurazione: la risposta è stata Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Giovanni Chiaramonte. “FOTOGRAFIA E PSICOLOGIA”
Può, anche, accadere di osservare qualcosa, scoprire qualcosa, e non capirci troppo ma se ciò che abbiamo visto ha catturato la nostra attenzione è possibile fare degli ottimi approfondimenti; approfondimenti che diventeranno affascinanti, perché diventa affascinante ciò che ci intriga e sarà come riuscire a colmare quel vuoto che avevamo (e che non sapevamo nemmeno di avere perché ignoravamo del tutto il tema).
Per quanto ho fin qui detto, tornerà estremamente utile studiare Luigi Ghirri o, più comodamente e più velocemente, guardare il film L’infinito di Luigi Ghirri o scoprire i libri che ha realizzato. La provincia è un luogo per antonomasia, dove si incontrano odio e amore, il tutto il nulla, la noia e l’eccitazione.
La mia opera non è limitata ad una dimensione provinciale ma è un adeguato punto di partenza poiché il vero simbolo della provincia è essere incapace di narrare la propria storia “RICERCA INCONSAPEVOLE DI RADICI E DI MEMORIA”.
Luigi Ghirri amava i mezzi colori, non amava il colore prepotente, quello acceso, quello che deve abbagliare, amava le mezze tinte.
Sapete quali erano i “libri” che amava Ghirri (se così possiamo definirli): l’album di famiglia e l’atlante geografico, che rappresentano l’interno e l’esterno, le due categorie del mondo, i luoghi e la storia del mondo, un libro per restare, un libro per andare.
Un aspetto che mi sembra molto importante, che raccoglie il senso dell’opera di Ghirri, è che quando spiegava qualcosa era come se non si scoprisse nulla di nuovo, perché Ghirri concentrava la sua attenzione su cose già conosciute ma era come restituire dignità alle cose.
I “DOLCI LUOGHI” diceva Ghirri. Luoghi che si capiscono meglio ripensando a come ci sentiamo da bambini perché, diceva, rimane intatto il senso di una appartenenza.
Credo che non sia un caso che Ghirri sia cresciuto in campagna, formando la sua personalità in un ambiente semplice, quella semplicità che accentua l’attenzione, che amplifica quella sensibilità che, certamente, già possiedi di tuo.
Chi osserva, per la prima volta, le fotografie di Ghirri rischia di rimanere smarrito, intanto per la diversità dell’impronta dell’immagine, poi per i colori tenui, poi per buona parte dei contenuti che possiedono una semplicità che appare grandiosa, importante.
Facciamo ora una riflessione: quante immagini potevano essere viste dall’uomo nelle epoche passate e quante immagini scorrono davanti ai nostri occhi oggi?
Dovremmo forse rallentare, dobbiamo tornare a riprenderci il gusto di assaporare le buone immagini in cui ci imbattiamo. La celebrazione dei luoghi, la restituzione di quella dignità tanto importante delle cose e delle persone, la visione amorevole del mondo che ci circonda, con la semplicità che custodisce un bambino quando osserva le cose.
Sarebbe molto bello tornare a riunirci dopo che tutti avremo osservato le fotografie di una mostra; per cogliere le impressioni, riuscendo a condividere le sensazioni e le emozioni che avremo provato. E, poi, c’è la casualità, quella casualità che ci porta a scattare una foto che “ricorda” uno scatto d’autore ed è un caso che io abbia ritrovato in uno scatto di Martin Parr (delle mani protese che riprendono la Gioconda con gli smartphone).
Ammirare le fotografie di Luigi Ghirri vuol dire entrare in una dimensione particolare, una dimensione soave, e auguro a tutti di riuscire ad entrare in questa dimensione particolare ammirando ogni singola fotografia esposta in una mostra che andremo a visitare.br>
Trapani 17 febbraio 2024,


© Lorenzo Noto

(Testo tratto dalla presentazione alla mostra di Tonino Corso, intitolata “Scoprendo Ghirri”, esposta dal 17 febbraio al 17 aprile 2024 al “Museo San Rocco” di Trapani).

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