“Il tempo dell’attesa” di Lia Pasqualino



Ho assistito alla presentazione di Tomaso Montanari a Villa Zito di Palermo del libro di Lia Pasqualino “Il tempo dell’attesa”, edito da Postcart.
Un libro ben confezionato, il cui titolo concettualizza l’approccio della Pasqualino quando si approssima a scattare dei ritratti.
La tematica del ritratto è quindi stata la chiave usata dal prof. Montanari per accostare la ritrattistica della fotografa a quella che costituisce la sua materia specialistica d’insegnamento, ovvero la storia dell’arte.
Ne è venuta fuori un’ampia e interessante escursione che, associando la fotografia alle arti più tradizionali (scultura e pittura), ha abbracciato opere e procedure attuate nei vari campi creativi e che erano state poste in essere da tanti artisti; a cominciare dal Bernini, Velasquez, Goya, Picasso e tanti altri.
Particolare osservazione è stata pertanto rivolta ai trittici realizzati dalla Pasqualino, raffrontate ad analogie presenti in opere di tanti autori che hanno precorso e anticipato questa stessa tipologia di tecnica espositiva, il tutto con l'intento rivolto a cercare di realizzare l’impresa impossibile di “fotografare” l’intimo (ovvero l'anima) dei personaggi che venivano raffigurati.
Una visione non certo originale, che ha interessato moltissimi scultori e pittori d’ogni tempo ma che, nella presentazione e negli accostamenti del professore ha, come sempre accade in questi casi, suscitato molto interesse; anche per la dimostrazione plastica di esempi che evidenziano come certe ricerche siano perpetue in ogni specifica branca culturale.
Di certo, le foto pubblicate nel libro mostrano l’assoluta coerenza con il titolo che è stato attribuito al volume, non ultimo per la naturalezza che caratterizza i ritratti dei vari personaggi e, non a caso, Montanari ha ritenuto l’intitolazione affascinante oltre che azzeccata.
Parallelamente alla mostra palermitana in questi giorni è in corso a Torino una mostra fotografica che raggruppa in un unico evento immagini di Enzo Sellerio, Letizia Battaglia, Franco Zecchin e Fabio Sgroi, unitamente alla stessa Lia Pasqualino.
Il titolo della mostra è "Palermo Mon Amour", con immagini che vanno a comporre un racconto visivo della storia di Palermo dagli anni ’50 al 1992.
Nel dialogare con degli amici anch'essi presenti alla presentazione del prof. Montanari, inevitabilmente si è parlato di tante cose. Ancor di più, per la sicilialità di certi aspetti che accomunano la Pasqualino ad altri fotografi conterranei, si è anche discusso sui mitici Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia.
Riferendoci poi alla mostra torinese, oltre all’assenza di Ferdinando Scianna si è rilevata anche quella di Melo Minnella che, per il periodo preso in considerazione dgli organizzatori, ha costituito anche lui un personaggio più che autorevole nel panorama fotografico siciliano impegnato a raccontare il territorio, ripreso ad oggetto nella tematica della mostra piemontese.
Certamente, in questi casi, quando cioè si tratta di andare ad accostare tanti autori, può capitare di trascurarne qualcuno. La probabile riproposizione dell’evento torinese anche negli splendidi ambienti dello Zac di Palermo potrebbe anche essere l'occasione per allargare il raggio anche a chi, per riconosciuti meriti, avrebbe pieno diritto di essere incluso nella nobile schiera.
Un suggerimento che, a buon titolo credo, potrebbe anche essere accolto.

Buona luce a tutti!


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