L’empatia in fotografia

Sono molti i fotografi, anche professionisti, che raccontano come l’approccio nell’attività fotografica presuppone spesso un inserimento nel contesto in maniera soft e progressivo; con un avvicinamento che di frequente induce, nell’immediato, a mettere da parte lo strumento di ripresa per prima cercare di sviluppare una situazione empatica atta a scongelare lentamente il rapporto tra soggetti sconosciuti.
La fregola di catturare immediatamente l’immagine innesca sempre, nell’ambiente in cui si intende operare, diffidenze e ritrosie che di certo non aiutano; ancor di più se ci si è prefissati di svolgere un reportage che, seppur filtrato dall’occhio di chi riprende, difficilmente consentirà di riuscire - d’acchitto - a catturare i famosi “momenti di verità” che ci si prefigge ambiziosamente di cogliere.
Ancor di più l’empatia risulta importante quando, entrati in un ambiente affollato di personaggi, ci si sofferma sull'assai complessa ricerca di ritratti. Allorquando una forma di complicità si deve necessariamente sviluppare tra chi accondiscende a fare da modello e il fotografo. Negli occhi di chi si mette in posa (per come è) traspaiono amalgamati oltre all’ovvia curiosità, vanità e gentilezza, anche l’accenno di un dialogo cerebrale che si sviluppa attraverso lo scorrere di flussi, di frequenze, prodotti da entrambe le parti.
Non necessita parlare la stessa lingua e, anche se il soggetto fotografato e chi fotografa appartengono a mondi culturalmente lontani, quasi naturalmente, il più delle volte, s’innesca in automatico un’intesa che stabilisce un dialogo muto che produce frutti.
La barriera di un’ottica fotografica in ciò concorre positivamente, filtrando in qualche maniera le diffidenze e far sì che le menti, incrociandosi, riescano a sviluppare quasi un confronto che, come detto, non necessita uso di parole. Talune volte bastano anche soli gesti per l'intesa.
Altro aspetto di empatia si evidenzia quando si vuole raccontare con il solo utilizzo di fotografie, ad esempio in un portfolio.
Nelle narrazioni che i fotografi creano attraverso un portfolio, supportato da sinossi introduttive, può manifestarsi o meno nelle letture una certa sorta di empatia che può condizionare.
In questo caso il rapporto empatico interessa direttamente l’autore e il lettore, chiamati entrambi a sviluppare un confronto fra posizioni di partenza non necessariamente parallele.
E' indubbio che l’autore è sempre certo nel proporre una sua idea, che viene ad illustrare con una breve sinossi utile a introdurre e supportare la lettura.
Dall’altro lato del tavolo il lettore, tenuto conto dell’introduzione testuale (anche se taluni non leggono, a loro dire per lasciarsi liberi nella visione oggettiva delle foto), nel visionare l’insieme manifesta una serie di considerazioni.
Qualora abbia letto la sinossi (ma, come detto, non tutti lo fanno), il primo esame è quello rivolto a valutare la coerenza di quanto è stato scritto con la sequenza fotografica presentata; una seconda, l’armonia e la fluidità del racconto. Ci sarà infine da osservare la completezza dell’insieme di tessere, in funzione dell’esaustività complessiva della narrazione.
Ma, poiché autore e lettore appartengono al genere umano, le empatie e le antipatie entrano non di rado prepotentemente in campo, delle volte pure a gamba tesa; prevaricando l’oggettività richiesta e necessaria. Sentimenti e impressioni, sempre di parte, che si palesano attraverso esternazioni assai condizionate.
Può tranquillamente capitare, per esempio, che l’occasionale lettura non corrisponda per nulla (a parere del lettore) alla sinossi o all’insieme sequenziale delle fotografie proposte; perseguendo un percorso logico derivante da cognizioni culturali e visioni differenti.
Ed è per questo motivo, assai frequente, che letture di uno stesso lavoro fatte da lettori differenti non di rado si discostino fra loro notevolmente.
Ma in ogni caso, è certo che l’empatia non potrà mai essere esclusa perché è un accadimento naturale non facilmente gestibile. L'empatia condiziona i rapporti, come ripetutamente capita in qualunque incontro/scontro fra esseri viventi.
Emblematiche appaiono al riguardo le tante frasi che, rischiando di scivolare nel viscido sentiero dell’“autoreferenzialità”, spesso taluni lettori recitano all’autore di turno alla fine delle loro letture. Non considerando, nel caso, che chi si sottopone a quell’esame rivendica quel minimo sindacale che chiede almeno la comprensione del progetto e la coerenza complessiva rispetto al "teorema".
Che l’impressione finale, per il lettore, possa risultare negativa o positiva poco importa, purché egli sappia giustificare, con argomenti potabili, il giudizio che ha, nell'eventualità, liberamente espresso.
Per chiudere sull’empatia è utile considerare che la fotografia, tutto sommato, è anch’essa una delle tante formule comunicative, forse oggi una delle più in voga, che è spesso oggetto di compromessi e tante convenzioni, più o meno condivisibili, presenti nelle regole insite ai giochi che amiamo praticare.

Buona luce a tutti!

Commenti

  1. Ricevo da Monica Pellizzetti e pubblico: "Capisco le motivazioni che stanno alla base del tuo pnsiero, tuttavia mi permetto di farti notare una cosa che credo importante. A tutti gli effetti una lettura portfolio è una valutazione, anche se il termine non viene usato credo per una sorta di correttezza. Avendo trascorso 42 anni della mia vita nella scuola, conosco bene le difficoltà ed i limiti legati al discorso della valutazione. Sulla carta dovrebbe essere oggettiva e limitarsi al prodotto preso in considerazione, che sia un compito in classe o una fotografia o altro. Quindi il valutatore dovrebbe spogliarsi di tutto il suo bagaglio di esperienza ed emotività personale per concentrarsi esclusivamente sul tipo di lavoro che ha davanti. Questo potrebbe andare bene se si deve valutare un test a risposta multipla tipo esame per la patente di guida. Per tutto il resto non è così! Il valutatore ( brutta parola ma questa è la realtà) non può uscire da se stesso e pescindere dal proprio background e questo fatto condizionerà inevitabilmente il suo giudizio. Come quando si corregge un tema; a parte gli eventuali errori sintattici o grammaticali, lo stile con cui sono espresse le idee può incontrare o meno i gusti di chi legge. Quindi ...essendo una lettura portfolio di importanza non vitale nè essenziale ma puramente dilettantistica ( proprio nel senso di diletto personale) è necessario darle il peso che merita ed andare oltre. L'empatia sappiamo bene non è un automatismo che si innesca con tutti. Grandi artisti in ogni campo prima di diventare famosi hanno subito potenti stroncature , figuriamoci noi che non abbiamo velleità professionali in campo fotografico. Quindi basta voltare pagina e tenere per buoni i consigli ricevuti più delle opinioni personali dei valutatori. Buona luce e buona giornata"

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  2. my two cents: empatia è parola che defibnisce praticamente un tratto caratteriale. ci sono persone che hanno empatia vicino allo zero, spesso associata ad un quadro di neurodivergenza. Altre volte vi sono persone che potrebbero tranquillamente provare empatia, ma per esperienze di vita, o perchè preferiscono essere molto concentrati su se stessi etc.etc. hanno deciso di NON farsi trascinare dall'empatia. che peraltro dovrebbe invece essere ben presente in una persona "sana".

    E veniamo alla fotografia: l'empatia è fortemente consigliabile per fotografare le persone. ritratto, street, se non sei empatico non riuscirai a produrre una Fotografia emozionante. imho of course:)

    per quanto riguarda le letture portfolio la mi aopinione è netta e formata da molto tempo. penso i lettori migliori siano persone che NON scattano fotografia, ma che hanno anni di epserienza nel rapportarsi con chi lo fa. editors, curatori, agenti, giornalisti (solo se hanno molta esperienza di fotografia). I fotografi sono i meno adatti a leggere fotografia, salvo rarissime eccezioni, perchè sono quasi sempre condizionati del loro lavoro e stile. in due parole eh:)

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  3. Inserisco il commento pervenuto da Giancarlo Torresani. "Concordo pienamente sul fatto che la fotografia sia un linguaggio (se usato correttamente) un linguaggio che ha le sue regole sintattiche e grammaticali, nel caso di una lettura, ma se parliamo di percezione (nel guardare una fotografia) allora dobbiamo dire che ciò che ognuno di noi può percepire è un fattore individuale. Ognuno di noi può interpretare (qualora si parli di un lavoro artistico e non documentario) in base al proprio stato d’animo del momento, alla propria sensibilità, alle proprie conoscenze previe. È questo che rende affascinante tutto ciò che è creatività e arte.
    Un fotografo deve saper vedere, guardare le cose con uno sguardo diverso (cosa che non tutti i lettori di fotografia, che non sono fotografi, sono in grado di fare).
    Siamo tutti diversi, e allo stesso tempo uguali, ma la fotografia aiuta ad arrivare all’essenza delle cose e per alcuni è lo scopo della vita, con la sua interiorità, con l’empatia, con l’amore è con le emozioni.
    Non c’è mondo virtuale che possa privarci di queste cose. Buona luce!"

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  4. Commento trasmesso da R.B.: "Nelle relazioni umane l’empatia è sempre più una “grande assente” e, come direbbe Andreoli, a volte è più facile provarla per un animale domestico che per un altro umano. Tuttavia quando si scrive, la capacità di essere empatici può fare la differenza, anche quando si scrive con la luce. Una persona empatica, infatti, è capace di entrare in sintonia con la realtà in cui si trova a vivere anche quando non la conosce bene; a volte fino a penetrarne un bisogno velato, altre rivelando un aspetto dell’ambiente o della personalità del soggetto interlocutore, che di rimbalzo diventerà arricchimento più o meno felice o doloroso anche per la persona empatica. In fotografia, inoltre, non dovremmo sottovalutare l’aspetto etico e creativo della coproduzione autore-soggetto. Per quanto riguarda la lettura portfolio, invece, non credo si possa parlare di empatia, ma di contingenza. Il processo di lettura e decodifica di una o più foto si lega, infatti, sia a un’oggettiva sintassi regolativa sia a una serie di variabili soggettive non sempre discernibili nell’immediatezza. Se a questo aggiungiamo, inoltre, il seguire le mode del momento o un possibile ritorno d’interesse, allora rischiamo anche di scadere in logiche di tornaconto, che tutto sono fuorché empatiche."

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