Apparenze, affetti, limiti e confini.



Un recente appuntamento fotografico è stato per me occasione per procedere in una ennesima sperimentazione.
Certi contesti qualificati sono quelli ideali per introdurre novità che difficilmente verrebbero accolte in ambienti normalizzati - quali associazioni, circoli o contesti amicali fra fotoamatori - e così poter valutare a pieno e senza filtri le immancabili naturali reazioni.
Nello specifico avevo velocemente approntato due portfolio fotografici, in qualche modo ispirati dalla tematica “Confini”, argomento scelto quest’anno dalla Fiaf per i laboratori fotografici dell’associazione. Entrambi i prodotti non ambivano certo a concorrere per un premio, bensì ci si prefiggeva di verificare l’ampiezza del recinto “portfolio” e vedere le reazioni o, più semplicemente, valutare plasticamente l’effetto che si veniva a generare.
Sopravvenienze imponderabili mi hanno però impedito di completare l’operazione.
Solo uno dei due lettori prescelti poté procedere alle letture e, un allontanamento imprevisto, non consentì di completare l’esperimento.
L’impatto avuto fu quindi con l’unico esperto che, durante la lettura dei portfolio, sollevando i classici argomenti cui si è portati per giudicare educatamente e in maniera soft una proposta da bocciare, bloccò sul nascere la sperimentazione da me proposta; evidenziando un po’ e riproponendo lo stesso problema che ordinariamente nasce nell’osservare l’arte moderna.
In ogni modo un risultato c’è stato, per me utile, anche se limitato su un solo aspetto, rispetto all'atteso merito complessivo.
Di diverso nell'analisi della proposta c’era anche quello che, per quella branca artistica denominata "arte moderna”, è generalmente il pubblico a perdersi; mentre gli esperti critici e intellettuali sono coloro che si dilungano nell’elencare, a loro dire, i pensieri sottostanti e quelle forme di comunicazione sofisticate, che presuppongono particolare culture e preparazione non accessibili a tutti.
Voler sperimentare nel cercare di mescolare fotografia e arte moderna in un'unica lettura intendeva costituire uno step ulteriore, ma forse - e per certi aspetti - un pò troppo innovativo, che andava a complicare le cose, con il rischio di mescolare troppo e creare solo confusione.
Chi è abituato ad uno specifico lessico e linguaggio, venendo ad applicare solo l’approccio metodologico ed espressivo tipico della forma fotografica, inesorabilmente innescava un’operazione monca; essendo portato naturalmente a trascurare la visione più complessa (almeno questo era l’intento sperimentale supposto).
Quella rimasta adombrata, nella lettura del portfolio, era la parte di proposta che andava a costituire qualcosa di oggettivamente inusuale e diverso. Immaginando un metodo univoco e mediato che riuscisse a mettere innsieme, ad esempio, differenti tipologie di scale di misura (metri, litri, kg .... etc.).
Arte moderna e fotografia sono ormai connotate entrambe come forme d’arte che però, se combinarle insieme, almeno in un’unica lettura possono alterare una visione panoramica che ne elimini i “confini” (tra installazione artistica e fotografia), rischiando di generare in chi osserva confusioni per gli intrecci e le reciproche invasioni di campo.
In conclusione, per cercare di rendere più chiaro quanto fin qui esposto, e andare al pratico, riporto la sinossi del primo dei portfolio presentati che peraltro, fra i due, era quello più difficile e, per talune spigolature e forzature visive, più complesso. Rimane fuori da ogni discussione un aspetto fondamentale, cioè che qualunque creazione artistica deve sempre generare nel fruitore un'emozione e indurre l'osservatore ad andare oltre. Ma l'emozione è anche un denominatopre comune a tante manovre culturali che ambiscono a generare bellezza.
Per quanto ovvio, relativamente al portfolio prospettato, preme precisare che eventuali incongruenze, sgrammaticature o errori e ripetizioni, tipiche nella preparazione di un lavoro del genere, non sono qui da focalizzare oltremodo, proprio per l’intendimento di base che è sottostante all’intento sperimentale dell’operazione.

Sinossi

“Così come un artista vuole sempre rappresentare, con la sua opera, un’emozione e indurre l’osservatore a un pensiero, chi viene a fotografare l’arte interpreta il racconto che legge attraverso la propria mente, fissando con l’obiettivo della macchina fotografica angolazioni e dettagli. Fotografare l’arte, pertanto, non è solo documentare l’oggettività insita e esteriore dell’opera, ma cercare di andare oltre, nel cogliere particolari e sfumature che costituiscono le punteggiature di una sintassi grammaticale che può spesso anche discostarsi dall’idea dell’autore che quell’opera l’ha pensata. Il portfolio proposto, a mio parere, potrebbe già sintetizzarsi con un’unica immagine che racchiude in sé molti dei concetti esistenziali dell’essere umano in argomento (la numero sette). La sequenza raccolta vuole però discernere i capitoli essenziali della narrazione e che differenziano: infanzia, adolescenza, maturità e scoperta dei valori affettivi intimi che sono alla base di ciascun individuo. Passando drasticamente dai colori al bianco e nero, come per la consapevolezza che sono le gradazioni di grigio quelle che sedimentano meglio la maturità acquisita. Nella sequenza, oggetti inanimati, simbolici di ricordi di tanti momenti, ad un certo punto si riaccendono attraverso un incontro imprevisto che è documentato e che attualizza e accende un’emozione da tenere tra gli affetti che andremo gelosamente a custodire nel nostro tempo. Il titolo attribuito intende, quindi, rappresentare l’insieme delle virgole e della punteggiatura in genere che accompagna, differenziandola, l’unicità rappresentata in ogni singola esistenza.”

Quanto proposto, al di là del poter essere condivisibile, vuole rendere partecipe chi ricerca degli spunti, anche analoghi, per continuare a percorrere la strada della sperimentazione culturale (esposta al rischio di fallimento) che necessita sempre di novità, verifiche, sfide, rotture, provocazioni e pure di eresie.

Buona luce a tutti!

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