Mater semper certa est, pater numquam



Una cosa che piace un pò a tutti quanti noi trascurare è andare a ripercorrere l’iter di crescita dei tanti artisti, anche dei più affermati.
Se, specie nel campo dello spettacolo o in ambito letterario, resta la possibilità di rivedere prime performance risalenti alle origini, lo stesso non capita nelle analisi dei percorsi evolutivi che caratterizzano gli artisti d’altri settori, come ad esempio nell’ambito delle arti visive.
Di molti fotografi, ad esempio, ci affascinano metodi e forme definite di produzioni che costituiscono la maturazione e la sovrapposizione nel tempo di tante fasi, che derivano spesso anche da tanti percorsi incerti e tormentati dove, sperimentazione e ricerca hanno indotto l'artista a saltellare indistintamente su tanti generi diversi. Non disdegnando così d'avventurarsi in bizzarrie creative che, specie per taluni, hanno costituito i fondamentali momenti di crescita, ovvero isolati ma importanti banchi di prova per testare sia se stessi che le reazioni dei variegati osservatori coinvolti a leggere le loro proposte.
Può capitare quindi, come è accaduto appunto, che in un seminario volto alla lettura dell’immagine fotografica, disquisizioni fatte da tanti di noi discenti (che, per l'insito ruolo, onniscienti certo non siamo) ci si potesse sbizzarrire in libere considerazioni nel valutare alcune immagini; basandosi essenzialmente su apparenze semplici ed evidenti che potevano anche allontanare, pure in modo abissale, dalle peculiari caratteristiche, specifiche e note, ascrivibili al reale autore della foto.

Nel web in un articolo si legge: “Mater semper certa est, pater numquam (la madre è sempre certa, il padre mai). È questo uno dei principi classici del diritto, basato su una massima di esperienza in base alla quale se è facile individuare la madre di un soggetto, la ricerca della paternità è spesso difficile, e, in qualche caso, impossibile.”

In un gioco divertente il nostro docente, quindi, veniva anche a costruire volutamente delle provocazioni con le fotografie da lui assegnate; proponendo anche immagini poco note che mettevano in mostra specificità - anche di affermati fotografi - difficilmente accostabili alla notorietà delle produzioni degli stessi. Fama, stile e successo correlate alle creazioni artistiche corrispondenti al tempo della loro piena affermazione autoriale e identitaria.
In conclusione, la foto posta in copertina mostra proprio il caso di una bellissima istantanea realizzata a Praga da Helmut Newton, che viene a rappresentare un ambiguo e sinistro manichino posizionato in una strada che notoriamente richiama al numero 22 di Franz Kafka.
Suscitò alla fine della lettura molto stupore la rivelazione fatta circa la paternità dell’autore che l’aveva realizzata.
Tutti quanti, anche chi aveva riconosciuto i luoghi, non avrebbe mai potuto accostare l’immagine al famoso Newton, più noto per le sue complesse e conturbanti foto al femminile.
Così come le dissertazioni su un’immagine ascrivibile indiscutibilmente allo stile della scuola di Franco Fontana, non venne attribuita dalla platea discente al famoso fotografo. Ma in verità poi si scoprì che si trattava di una sua opera. Abbastanza brutta oserei dire, sia per taglio che per i cromatismi. Forse magari era una di quelle opere prime mal riuscite, che hanno consolidato però un'idea e comunque aperto un importante solco. Chissà.
In ogni caso anche questo secondo esempio costituiva la classica eccezione che confermava la regola!

Buona luce a tutti!

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