I fotografi, nel loro insieme, seguono sostanzialmente un solco antico

La fotografia in pratica non è altro che uno strumento innovativo per rappresentare la realtà.
I fotografi, nel loro insieme, seguono sostanzialmente il solco antico della narrazione nata attraverso i graffiti, che nel tempo si sono progressivamente sviluppati attraverso forme rappresentative variegate e di cui restano ancora tracce in funzione dei materiali e della scelta comunicativa.
Molti antichi graffiti disseminati in tutti gli angoli del globo terrestre, sviluppano tracce iniziali che accomunavano gli uomini del tempo forse e solo verso riti propiziatori primordiali. La deriva dei continenti di certo ha fatto sì che le dislocazioni più disparate giustificassero poi le attuali lontananze, con messaggi che si andavano evolvendo assai diversamente secondo i cambiamenti nelle rispettive culture autoctone.

Diverse sono anche state le civiltà che hanno sviluppato le loro forme rappresentative che, da propiziatorie, si sono sempre più trasformate in racconto.
Le tracce a noi pervenute non testimoniano la totalità degli sviluppi, legati, oltre ai cambiamenti socio-culturali delle differenti etnie, anche alla materia adoperata nei lunghi processi.
Escludendo le operazioni distruttive conseguenti agli eterni conflitti bellici, testimonianze più o meno significative di tali operazioni si ritrovano ancora nei rinvenimenti archeologici oggi percettibili grazie all’utilizzo di materiali resistenti, quali il marmo o altri, che hanno consentivo di conservare nel tempo tracce significative di disegni, bassorilievi, sculture e quanto altro ancora potesse poi preservare dalle intemperie del tempo.
In tutto questo, però, mentre è possibile ammirare i resti delle civiltà assire, babilonesi, egizie, inca, atzeche, etc, quasi nulla rimane delle pur importanti opere realizzate nel loro glorioso passato da dinastie asiatiche, altrettanto importanti culturalmente ma basate, nel realizzo dei manufatti, principalmente sull'utilizzo di materie assai deperibili, quale il legno o altri elementi non resistenti.
Le tracce originarie testimoniano, in ogni tempo e luogo, i punti di origine di ogni civiltà nel relativo sviluppo.
I differenti livelli evolutivi sono, senza ombra di dubbio, legati agli incontri (o scontri in molti casi) di differenti popoli. Le migrazioni fisiche di masse hanno anche consentito trasferimenti e confronti fra culture che via via hanno generalmente affinato, seppur con logiche differenti, le civiltà nei diversi continenti.
La storia da sempre ci insegna come principalmente dalle masse indoeuropee è derivata la civiltà greco-romana, che costituisce il fulcro del nostro attuale mondo capitalistico globalizzato.
Questo ampio preambolo, vuole in qualche modo distinguere i due momenti essenziali che caratterizzano in genere la cultura, ma anche ogni qualsiasi evoluzione sociale maturata attraverso le interconnessioni fra le comunità umane.

Fermo restando in dilemma se prima è nato l'uovo o la gallina, propenderei intanto per l'evoluzione teorizzata da Charles Darwin. In ogni caso c’è sempre un prima e un dopo. Il prima costituisce il seme che sviluppa la pianta che si insedia in un territorio per poi riprodursi o estinguersi a seconda delle condizioni dell’ambiente in cui è portata a crescere (il dopo).
Anche nella pratica fotografica ci sono delle epoche che differenziano i tempi.
La visione storica ormai ci consente di poter distinguere le tante fasi del fenomeno; dalla creazione, ai pionieri, agli attuali appassionati fruitori che l’hanno oggi assurto l'espressione fotografica a forma d’arte.
In origine la fotografia era un mondo riservato e sostanzialmente circoscritto a due categorie: chi la utilizzava per scopi lavorativi e chi per hobby, spesso grazie alle non indifferenti disponibilità economiche familiari.
Nel primo caso poi c’era chi esercitava l’attività di fotografo artigianalmente, per ritrarre soggetti o paesaggi in chiave quasi pittorica e per ovvi scopi commerciali, o chi, invece, la utilizzava come strumento per attività documentale e di reportage (giornalismo, scopo antropologico/scientifico, urbanistico, etc).
Col miglioramento medio delle condizioni economiche delle diverse classi sociali e grazie a un maggiore sviluppo tecnologico, l’accesso alla pratica fitografica si è via via allargata ad ambiti sempre più vasti di popolazione, con utilizzi variegati, specie negli ampi spazi culturali rivolti a velleità artistiche.
La fotografia diviene, a poco a poco e sempre più velocemente, un mondo accessibile a moltitudini sempre più larghe di utilizzatori e praticanti, riducendo progressivamente quel monopolio che ne aveva caratterizzato gli albori.

Grosso modo, se si vuole dare una certa datazione, lo spartiacque potrebbe essere individuabile all'incirca negli anni del ventennio del novecento, quello che va dal 1920 al 1940; quando cioè in Europa i nascenti regimi totalitari individuano la documentazione filmata come un efficace mezzo di propaganda e negli Stati Uniti d’America si approfondiscono a livello governativo tematiche sociali quali quelle connesse alla depressione economica d’inizio secolo, oppure ecologiche, collegate anche agli sviluppi urbanistici che interessano le progressive concentrazioni nei principali centri abitati.
Dall’invenzione o, per meglio dire, scoperta della fotografia ad oggi è ormai passata tanta acqua sotto i ponti e risulterebbe assai impegnativo districarsi fra i tanti pionieri e gli straordinari utilizzatori della macchina fotografica che si sono succeduti.
Qualunque particolare attenzione, quindi, apparirebbe di certo discriminatoria e parziale rispetto a un fenomeno complesso e variegato.
Ciascuno di essi ha, in ogni caso, praticato la fotografia in base allo strumentario disponibile nei rispettivi tempi d'azione, ma differenziandosi gli uni dagli altri per filosofie e tecniche talvolta legate anche a esperienze personali pregresse o connesse (a seconda dei casi e dei personaggi), spesso strettamente riconducibili alle vicine arti figurative.

A questo punto potrebbe risultare partigiano qualunque cenno a qualsivoglia dei tanti, molti fotografi, che hanno fatto la storia della fotografia e non solo.
Ciascuno potrà quindi crearsi una propria opinione e continuare a seguire l’autore che più preferisce in base al modo di vedere e alla proposta fotografica nel suo insieme che valuterà più consona; immaginandola funzionale agli utilizzi e agli scopi diversi, siano essi estetici, rappresentativi, documentali, intimistici, astratti, surreali, utopici, illusionistici e ogni altra idea culturale o vagamente sociale più in generale a cui si ama associarla.

Ci si appassionerà ai protagonisti di questo universo visionario, indipendentemente dal luogo e contesto storico di appartenenza.
Così come ci sono storici dell’arte specializzati in arti antiche, ce ne sono altri dediti principalmente a quelle moderne. Lo stesso accade anche in fotografia, senza però mai dimenticare o disconoscere continuazioni, sovrapposizioni e contaminazioni che inevitabilmente implementano il DNA insito in ogni idea, che si nutre e matura diversificandosi nelle tante attualità moderne.
Tirando in ballo il grande Pirandello, drammaturgo, poeta e scrittore premio Nobel per la letteratura, potremmo citare intanto dei titoli di sue complesse opere, quali: “Così è se vi pare” o “Uno, nessuno e centomila”, per rendere un po’ più calzante l’idea.

La popolarità e le opportunità offerte dal veloce sviluppo del mezzo di ripresa, specie nel mondo capitalistico, in un breve lasso di tempo hanno intanto portato una parallela evoluzione della macchina fotografica, strumento principale di ripresa. Fino a fare diventare oggi, quello che era all’origine un rudimentale arnese meccanico (reflex, mirrorless o cellulare che sia) quasi un mini computer, inglobante di tanti automatismi impensabili atti a facilitare anche gli utilizzatori neofiti (in argomento si rimanda a un precedente articolo che si sofferma sul tema).

Una cosa è ormai certa, quella cioè che i tanti strumenti fotografici disponibili, associati ai media e social oggi esistenti, hanno fatto finalmente capire l’importanza del messaggio visivo.
Anche se questo può essere maldestramente utilizzato (per fornire una rappresentazione falsa della realtà), di certo che attraverso di esso si è in grado oggi di rendere quell’immediatezza comunicativa da sempre perseguita, che rappresenta poi una sintesi assoluta, completa ed efficace di un intero discorso.

In conclusione, tutto questo rivela, altresì, come la macchina umana, per nulla meccanica ma ancora a noi misteriosa, con i recettori che sono presenti nella sua struttura complessa e, per molteplici aspetti, ancora sconosciuta, è pronta a riconoscere i segnali che vengono abilmente confezionati e trasmessi da manipolatori esperti. Per farne oggi strumento essenziale nella organizzazione sociale e nella comunicazione politica specialmente.

Buona luce a tutti!

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