Pinocchio – Portfolio fotografico di Antonio Lorenzini

Le favole vere le scrivono i bambini, con i loro temini a scuola, con i loro complessi disegni, con le letterine ai genitori. Conoscono il giusto linguaggio utile allo scopo. Quello che loro raccontano è sempre lineare, semplice, coerente. Fotografano con estrema precisione e in ogni dettaglio circostanze, fatti, persone, sensazioni. La loro è attenzione a ogni particolare. Quanto propongono coglie con estrema semplicità e naturalezza le distonie eventualmente presenti nella realtà che li circonda. Paragonano e accostano semplicemente, mettendo a confronto fatti e personaggi del loro piccolo ambiente che per essi rappresenta il loro universo.

Molti hanno già disquisito sulla questione e evidenziato che le fiabe dei grandi scritte per i piccoli manifestano in realtà esigenze di adulti. In molte storie si confondono i ricordi adolescenziali mitizzati, che spesso continuiamo a coltivare in un mondo ormai perduto e di cui si sente ancora il bisogno. Senza accorgersi che i ricordi brutti sono le scorie già assorbite col tempo, già diventate tessuto del nostro essere d’oggi, nel nostro corpo adulto indurito.

Antonio mi ha proposto l’ennesima versione della storia di Pinocchio, che è presente molto di frequente nei portfolio dei fotoamatori.

Onestamente non saprei cosa dire su un filone che ha ispirato i tanti e che più o meno fedelmente hanno raccontato del burattino.

Una cosa mi sembra costituisca una costante in ogni versione che ho visto, è la riproposizione di una morale impossibile all’uomo o il pretesto di voler giustificare le variegate esperienze negative vissute da ciascuno.

Pinocchio in fotografia è, di frequente, la trasposizione in terza persona di se stessi e ciascun autore sottolinea gli aspetti che più lo interessano; mettendo in risalto quello che crede di avere capito, ma ancor di più, forse, enfatizzando con amara poesia quelli che potrebbero essere tuttora i suoi bisogni.

La fata turchina è la figura che ci fa sempre sognare e che dà conforto, quella che taluni, crescendo, ritrovano in personaggi caritatevoli e rassicuranti nella propria religione.

Il Grillo parlante è la verità indiscussa e indiscutibile che si presenta sempre nei momenti in cui dobbiamo prendere decisioni importanti; ma ancora oggi chi osa farci la morale è destinato a ricevere una martellata micidiale, perché è dura accettare anche l’evidenza.

Quanti Lucignoli abbiamo conosciuto nella nostra vita e quante volte ne abbiamo noi impersonato la parte con altri a noi vicini? La spensieratezza del teatrino e la figura del Mangiafuoco di turno, spesso sono presentati come dei momenti negativi, ma non è vero. Quasi sempre, nel fare la sintesi del nostro vissuto, ci accorgiamo che hanno magari rappresentato pochi momenti belli, ricchi di leggera spensieratezza e talvolta di felicità assoluta.

Militari, prigioni e balena nel mare immenso degli oceani attraversati, sono le metafore che costellano ogni esistenza.

Antonio chiude il suo complesso lavoro con un Pinocchio che abbraccia l’albero: il legno che ambisce di tornare all’origine è, com’è ampiamente risaputo - e come lui stesso ben sa - solo una pia illusione.

Buona luce a tutti!

 

 © Essec

 

 

Per i più curiosi, il testo che accompagna il portfolio di Antonio è questo:

Un uomo di nome Pinocchio è diventato un uomo, ha raggiunto le soglie della vecchiaia. Mi prende per mano come fosse tornato bambino ed insieme attraversiamo la sottile linea di confine tra sogno e realtà per raggiungere tutti i suoi vecchi amici di un tempo. Rigurgitato dal ventre di un pesce cane Pinocchio si ritrova sulla spiaggia, si sveglia nudo. Rinascere per lui significa diventare uomo ed invecchiare come tutti gli uomini accanto alla propria memoria. Il viaggio ha inizio, ed accompagnato dalla Fata Turchina che mai lo ha abbandonato, ecco che entra nella sua casa di vetro, svuotata da ogni voce di un tempo. Dopo averla attraversata, abitata solo dai riflessi della luce del sole raggiunge il mare dove può finalmente specchiarsi ritrovando quel che resta di Geppetto, il suo babbo, morto e sepolto in un piccolo cimitero di campagna. Il grillo parlante non ha mai smesso di essere snervante e noioso, non cambia mai, gli soffia all'orecchio quel che deve essere e non essere, anche ora che è un uomo. Prosegue il suo viaggio nella memoria e nei luoghi da lui vissuti e dall’interno di un Paese dei balocchi fatiscente e dimenticato arriva all’amico di sempre Lucignolo “condannato” a vivere un po’ da ciuchino un po’ da uomo. I burattini lo aspettano da sempre, così pure Mangiafuoco e quel che resta di lui, un'ombra cupa, inquietante, stanca e piegata dal peso della luce. Nel campo dei miracoli prende corpo e forma il ricordo del Gatto e la Volpe, ora due teneri vecchietti stanchi di una vita di menzogne. All’orizzonte scorgono due figure. Un padre e una madre? O un amore che non è mai stato vissuto? Cammina verso di loro per riuscire a riconoscere quello che più gli manca, di cosa ha veramente nostalgia e così facendo, si ricongiunge con la materia di cui sono fatti i burattini diventati uomini: il legno, l'anima di un albero da cui tutto ha avuto origine, lo cinge a sé in un abbraccio infinito così come è e sempre sarà eterno Pinocchio.”
 
 

 

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