La solita questione: "E' nato prima l’uovo o la gallina”
In questo periodo fioccano in rete una serie di iniziative che
fortunatamente riescono a intrattenere e impegnano i molti appassionati di fotografia costretti a una
sospensione produttiva all’esterno, per un fermo tecnico che potremmo scherzosamente
accostare al “fermo biologico”, praticato in altri campi per scopi rigenerativi.
Durante
una recente videoconferenza, organizzata su Facebook come “Interno
Giorno - Il contest fotografico al tempo del Covid
19”, ho scritto in chat - grosso modo e sintetizzando – questa domanda:
“progettare prima un portfolio e poi realizzarne le foto
oppure assemblare delle foto preesistenti per costruirlo/completarlo con
immagini d'archivio preesistenti, accostandole quindi una idea
precostituita?” Sarebbe un po’ come per quel famoso dilemma dove
ci si chiede “se è nato prima l’uovo o la gallina”.
La domanda girata alla critica/docente Federica Cerami ebbe
una risposta lapidaria e cioè che prima nasce un progetto, che viene poi realizzato
attraverso immagini post-prodotte funzionali allo scopo. Una conferma, quindi,
di una tesi molto diffusa, che però non sempre corrisponde alla pratica reale di tutti.
Del
resto nelle conclusioni la stessa Federica, con sincerità, ebbe modo di
affermare che anche lei ama talvolta trasgredire alle
regole, pur attuando percorsi standardizzati, nel suo approccio
didattico o critico che sia.
Al riguardo, citando una delle sue schematizzazioni, ebbe pure a indicare in un triangolo la concettualizzazione di un evento espositivo (mostra, esibizione di un portfolio, lettura di una immagine non fa differenza). Figura geometrica ai cui tre angoli si pongono rispettivamente l’autore, l’opera e l’osservatore.
Al riguardo, citando una delle sue schematizzazioni, ebbe pure a indicare in un triangolo la concettualizzazione di un evento espositivo (mostra, esibizione di un portfolio, lettura di una immagine non fa differenza). Figura geometrica ai cui tre angoli si pongono rispettivamente l’autore, l’opera e l’osservatore.
In
questa idea figurata si potrebbe essere indotti a pensare che la
certezza oggettiva potrebbe risiedere quindi solo nell’opera
realizzata/proposta. Ma sarebbe una verità incerta, perché magari
l’autore nella sua fase creativa
avrà immaginato un qualcosa che potrebbe non corrispondere alla
lettura interpretativa di chi si porrà come osservare.
Tra
le altre cose, più in generale, un approccio suggerito è stato quello
di leggere la locandina
dell'autore apposta all’inizio del percorso espositivo; per avere una
specie di “bussola” che possa illustrare l’idea introduttiva e orientare
nelle visioni delle opere esposte. Però è stato anche detto che,
nell’esame di un portfolio
fotografico, quasi mai il lettore procede a una visione preventiva -
neanche approssimata - delle
eventuali didascalie di accompagno.
Così come è stato affermato che, specie di fronte a casi di fotografia partecipativa, si preferisce interagire direttamente con l’autore, tralasciando così eventuali introduzioni scritte e quant’altro.
Così come è stato affermato che, specie di fronte a casi di fotografia partecipativa, si preferisce interagire direttamente con l’autore, tralasciando così eventuali introduzioni scritte e quant’altro.
In conclusione ho rafforzato le mie convinzioni e mi è parso di capire che il grande Pirandello rimane sempre il principe
assoluto quando si deve addivenire a un punto in queste materie: “uno, nessuno e centomila” oppure “così è se vi pare”,
rimangono i baluardi per tutte le regole e variabili annesse alle tante discipline di produzione umana.
© Essec
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