Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più bravo fotografo del reame?

Sarà un caso ma l’aspettativa di molti “autori” che postano foto nei social di vedere attestati e like sembra diffondersi e appare essere la questione più importante negli appagamenti “virali”.
Più che utilizzare le infinite opportunità offerte per mostrarsi o formarsi sulle tematiche più praticate e che interessano, molti oggi ripongono nel web speranze di attenzioni, per riconoscimenti in apparenza "egocentrici", anche se quantitativamente e qualitativamente talvolta “circolari”.
Già molti anni addietro siti fotografici pionieri, che offrivano pure delle opportunità free, bene organizzati e assurti a notorietà diffusa, videro poi scemare le  adesioni e le partecipazioni attive nel portale: proprio per quegli aspetti che avevano creato "amicizie tornacontiste” del tu dai un like a me e io darò un like a te.
Blocchi di “comunità” risultavano attente a visionare ed esprimere giudizi (ovviamente sempre positivi) sulle immagini postate da quel gruppo di fotoamatori “virtualmente amici”, tutti con la speranza reciproca, sempre corrisposta, di ricevere apprezzamenti sulle pubblicazioni delle loro opere.
Capitava pure che fotoamatori bravi, incassando giusti riconoscimenti creavano con magnanimità false aspettative in chi non riusciva a raggiungere nemmeno accettabili minimi livelli qualitativi, e così riuscivano ad avere ed incrementare stuoli di speranzosi fans/supporters.
Più che rispondere alla necessità di mettere in mostra le proprie produzioni, utilizzando le tante opportunità offerte dalle nuove forme espositive moderne (magari per testare la reale potenzialità dei propri prodotti) è invalsa la moda della “comunicazione ad ogni costo” e a prescindere: i bombardamenti fotografici e l’invasione dei selfie postati a raffica ne sono del resto una prova.
Direi che non c’è nulla di male in tutto questo ma occorrerà pur porsi delle domande su quale è il vero scopo dell'operazione.
Dato per scontato il narcisismo insito in ognuno e la eventuale necessità di esibizione della correlata velleità artistica, si è riflettuto su quanta è realmente importante la necessità di comunicare perennemente e che ci condiziona?
Raccontare i momenti e le proprie emozioni è naturale e così è sempre accaduto nel tempo. C’è stato chi ha mantenuto anche in età matura dei diari, chi ha espresso nelle varie forme letterarie o in altre forme artistiche le proprie sensazioni.
In tutto questo non ci si accorge però che i nuovi strumenti che pratichiamo offrono di certo opportunità ed occasioni free, ma che altrettanto gratuitamente ci orientano e ci rubano identità esponendoci anche a rischi prima sconosciuti.
C’è chi oggi cancella un’amicizia perché la ritiene scomoda, chi ne mantiene di virtuali per accrescere contatti e mantenere aperta una finestra ad opportunità ovvero per apprendere da altri sempre cose nuove. Poi c’è anche chi ti cassa perché non lo vai mai a visitare non apponendo mai un “like” o condividendogli qualcosa.
C'è anche chi ritenendosi ben nascosto in una palude normativa che facilita "anonimati pubblici" scrive logorroicamente su tutto, magari inveendo in maniera insensata, non riflettendo che tutto manterrà una traccia forse insignificante per l'adesso ma utilizzabile, da altri futuri titolari del "media", dopo.
In ogni caso non sono pericolosi in se i tanti nuovi social che con “account” si appropriano dei dati/interessi personali o accumulano in lontani e vastissimi data base tutta la nostra messaggistica ed ogni benché minima nostra manifestazione palesata in rete,  ma la dabbenaggine nella gestione da parte dei “sapiens” che impropriamente li usano.

© Essec 
 
 

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